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Brunetta all'attacco dell'Espresso: «Li querelo e mi compro una casa»

Renato Brunetta

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Un'inchiesta dal titolo «Che furbetto quel Brunetta», anticipata ieri dal settimanale, che ricostruisce la sua storia politica, la sua carriera universitaria, financo le sue proprietà immobiliari con tanto di foto e indicazioni geografiche. Come al solito il ministro della Funzione pubblica ha provato a rispondere con un sorriso sottolineando che «l'inchiesta fruga nella mia vita, nel mio patrimonio, nella mia carriera universitaria, nella mia attività politica e di consulente. Lo ha fatto, secondo me, con malizia ed esagerazione. Ma alla fine, però, restituendo il ritratto di una persona perbene». Ma quello di Brunetta è un sorriso amaro. E a sera, seduto sui banchi del governo nell'Aula di Montecitorio, risponde al cellulare con un velo di tristezza nella voce. «Cosa devo dire? Cosa devo aggiungere?» domanda. Poi, però, cede. E si sfoga con Il Tempo. «Ho capito da che parte stanno i conservatori - esordisce -. Per difendere rendite e privilegi di potere mi attaccano senza ragione. Io sono una persona perbene. Non sono ricco. Pago faticosamente i miei mutui e faticosa è stata la mia carriera». Brunetta l'ha riassunta dettagliatamente nella nota che ha affidato alle agenzie. Veneziano, figlio di un venditore ambulante, professore incaricato a 27 anni, associato a 33 anni e straordinario a 49. «Il posto da associato - spiega - l'ho avuto da una commissione presieduta da Paolo Sylos Labini, un grande maestro». E se L'Espresso ironizza sulla sua candidatura al Nobel, lui risponde: «L'indicazione originale è di Ricki Levi che negli anni '80 pubblica sul Corriere della Sera un articolo candidando, per i futuri Nobel, me assieme a Alberto Alesina, Francesco Gavazzi, Nicola Rossi e Riccardo Faini. Si rivolgano a lui, e gli portino i miei ancora validi ringraziamenti». C'è poi la parte dedicata alla sua carriera politica. Consulente («a titolo gratuito» sottolinea) per l'allora ministro del Lavoro Gianni De Michelis, nominato al Cnel («da parte del presidente della Repubblica») e, infine, parlamentare europeo. L'Espresso lo accusa di essere stato uno dei «fannulloni» di Strasburgo. «Sono stato relatore - risponde - di una direttiva su accesso e interconnessione, direttiva fondamentale del pacchetto normativo sulle telecomunicazioni, e di un regolamento direttamente applicabile negli ordinamenti interni degli stati membri in materia di energia, oltre ad aver lavorato su altri dossier, come relatore ombra o per parere. Inoltre, faccio osservare che i dati sulle presenze sono tratti dal mio sito, cioè resi pubblici da me. Attendo un'inchiesta su quanti si sottopongono alla medesima disciplina della trasparenza». Ma non è questo ad amareggiare Brunetta. «Da 25 anni - racconta - vivo sotto scorta perché bersaglio delle Brigate rosse. Pago la mia coerenza. Ringrazio lo Stato perché mi dà questa possibilità, altri miei amici personali come Ezio Tarantelli, Marco Biagi e Massimo D'Antona non sono stati fortunati come me. Mi sento un privilegiato. Ciò nonostante mi dispiace che siano state pubblicate indicazioni sulle mie abitazioni, che tra l'altro ho comprato con i mutui. In questo modo non si rende certo un servizio al postino e si aumenta il peso del lavoro dei ragazzi cui è affidata la mia sicurezza. Per quanto si possa essere spiritosi, non riesco a riderne». Il ministro ha comunque messo in moto i suoi avvocati. «Ho già vinto una causa con il gruppo L'Espresso - ricorda -. Vorrei comprarmi un'altra casa con i loro soldi. E prometto che la chiamerò casa Espresso».

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