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Laura Della Pasqua Fabrizio dell'Orefice «La crisi ...

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Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera indica le priorità per far fronte a questa difficile congiuntura economica. Ma mette in chiaro che questo non significa rimettere mano alla Finanziaria. «L'impianto resta quello. Resta da vedere se è possibile inserire elementi di copertura del sistema come ulteriori ammortizzatori sociali». Questo vuol dire che avete già messo in conto che la crisi avrà un impatto sull'occupazione? «Al momento non ci sono dati aggregati sull'impatto che la crisi finanziaria sta avendo sull'economia reale. Ma bisogna attrezzarsi a eventuali ridimensionamenti occupazionali. Questo deve tradursi in maggiori risorse anche per la cassa integrazione». Berlusconi sta mostrando un piglio fortemente decisionista che gli sta tirando addosso diverse critiche. Il pugno di ferro è il nuovo stile di questa legislatura? «Nel 2001-2006 c'era stato un eccesso di mediazione che aveva pesato sull'immagine di Berlusconi e sull'operatività del governo. Il risultato elettorale ha dato un forte mandato a Berlusconi e lui lo vuole esercitare in pieno. Questo spiega l'impronta decisionista più marcata. E poi la situazione internazionale è drammatica, l'iniezione di liquidità da parte degli istituti centrali non ha ancora dato gli effetti sperati. C'è il crollo dei consumi. Insomma occorre prendere decisioni veloci e radicali non ci si può far frenare da veti che risalgono a passati modi di far politica». L'altra novità di questo governo è l'asse che è riuscito a creare con Confindustria e parte dei sindacati. Come avete fatto? «Gli industriali hanno capito che il governo è impegnato seriamente a affrontare la questione economica e Cisl, Uil e Ugl sono consapevoli che non è più il tempo degli scontri. La conflittualità sociale in questo momento è un suicidio». Eppure la conflittualità sulla scuola non siete riusciti a frenarla. C'è il rischio che la protesta anti-Gelmini possa degenerare alimentandosi anche con il malessere sociale per la crisi? «I rischi di derive nell'estremismo ci sono sempre. Mi sembra che il decreto Gelmini sull'università abbia smontato le ragioni della protesta che saldava le manifestazioni della scuola secondaria con quelle degli universitari». L'emergenza economica non richiederebbe una integrazione della Finanziaria? «L'impianto della manovra resta quello. Questo governo ha smontato l'idea della Finanziaria come di un treno su cui salivano gli interessi delle lobby. La conseguenza è una maggiore selettività degli emendamenti per cui è tutt'ora aperto il problema se porre o meno la fiducia». Anche contro la volontà del presidente Fini? «Fini ha posto un problema serio. Vedremo sulla base dei lavori parlamentari come verrà sciolto questo nodo in una situazione nella quale non si possono correre rischi di aprire falle nel rigore delle scelte sulla spesa pubblica». Resta sempre in piedi l'intenzione di una riforma dei regolamenti parlamentari? «Il disegno di legge presentato vuole dare maggiore velocità alle iniziative del governo e al tempo stesso consentire il riconoscimento del governo ombra dell'opposizione. Il problema però...» Il problema è quello solito del dialogo, vuol dire? «Il nodo è che ci sono tre opposizioni, Pd, Idv e Udc. Inoltre il Pd mostra di non credere veramente al governo ombra e l'alleanza con l'Idv si è rivelata nefasta. Lo stesso si può dire per la riforma della legge elettorale per le europee». Anche su questo punto nessun passo in avanti? «O affrontiamo il nodo dello sbarramento e delle preferenze o resta la legge vigente. Ma in questo caso i danni maggiori li avrebbe proprio il centrosinistra». Come va con Casini? C'è aria di alleanze in vista? «L'Udc paga a caro prezzo un errore di previsione politica, ovvero l'aver creduto che la forza propulsiva di Berlusconi si era esaurita. Altro errore è che non si sono fatti coinvolgere nella costruzione del Pdl. Va detto però che finora l'Udc ha avuto un timbro di opposizione diverso dal Pd e opposto a quello di Di Pietro. Insomma è possibile un confronto». A che punto siete con la costruzione del Pdl? «Da un certo punto di vista è già nato. Sono stati gli elettori ad averlo deciso. Il problema è quello della presenza sul territorio. L'effetto Berlusconi si sente per le elezioni politiche ma la partita per le regionali e le elezioni locali viene giocata per larga parte sulla base della credibilità delle classi dirigenti locali. Nel Nord ci si deve misurare con la Lega. In Lombardia e Veneto c'è una nuova leva di dirigenti della Lega che sono a contatto con le piccole e medie imprese mentre invece Forza Italia e An si sono più concentrati sui vertici delle istituzioni». Sfida nel nord ma anche nel Lazio. A Roma i problemi non mancano. «Nella Capitale occorre ricostruire la manutenzione della città. Il che significa anche occuparsi dei tombini e del manto stradale. Il centrosinistra ci ha consegnato una città appannata anche nei suoi punti di prestigio e va riportata al suo fulgore».

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