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Ma sono parole che hanno la forza e la lucidità di indicare ...

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Fini insomma dice ai suoi (e lo fa con i modi spicci di quando vuole mostrarsi infastidito) che debbono smettere di comportarsi come i giapponesi nella giungla. La guerra è finita, il fascismo l'ha certo persa sul campo di battaglia, ma, quel che più conta, è che l'ha persa nei cuori e nelle menti degli italiani e dei democratici di tutto il mondo. Su questo punto non c'è margine per incisi, osservazioni, spazi di manovra intellettuale. Da questa posizione Fini ne fa discendere il ragionamento che più gli sta a cuore, che riguarda, appunto, il futuro e non il passato. Ecco allora che arriva in campo la parola più importante del discorso del presidente della Camera di ieri. Essa è "libertà", intesa come (è Fini che parla) "libertà di...", ancor più che "libertà da...". Cioè un concetto di libertà tutto spinto verso il fare e l'intraprendere, un concetto attivo e propositivo, tutt'altro che difensivo. Un concetto da XXI° secolo per intenderci, gettando alle spalle l'idea di libertà come conquista rispetto a chi vuole negarla o comprimerla. Qui Fini ammonisce i suoi, dicendo loro che debbono mostrarsi pronti alla sfida. Ma qual è la sfida cui allude? La sfida è duplice. Da un alto c'è quella di partecipare alla creazione del Partito della Libertà, creatura figlia della fantasia di Silvio Berlusconi (e che Fini ha osteggiato all'inizio), ma che si inserisce appieno nel filone europeo del Partito Popolare. Poi c'è la sfida delle riforme, in particolare quella che vuole ridisegnare il profilo della Repubblica, in senso federale e presidenziale. Ebbene su questo punto il presidente della Camera lancia un "messaggio in bottiglia". Senza dirlo espressamente (ma facendosi capire benissimo) chiarisce che la destra sarà capace di essere protagonista di questi processi solo se saprà smettere di cercare nel passato la propria identità, accettando la sfida del futuro e consegnando i giudizi sul fascismo ai libri degli storici ed alle tesi universitarie. Questo è il senso ultimo del discorso di ieri di Gianfranco Fini, che è un discorso serio, autorevole e condivisibile. Questo è il percorso che indica alla sua parte politica, ben consapevole che l'alternativa è la marginalità. La sfida del momento è storica, perché la maggioranza di governo dispone di numeri e coesione per rifondare l'Italia. Attardarsi in stucchevoli discussioni sul passato è un delitto vero e proprio. Dimostra di averlo compreso il sindaco Alemanno, che riconosce in una dichiarazione la giustezza della posizione di Fini (e quindi corregge il contenuto della sua intervista sul fascismo). Sembra continuare a non capirlo Francesco Storace. Peccato. E, tutto sommato, peggio per lui. Roberto Arditti

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