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Alessandro Bertasi Alemanno manda in tilt il Pd. ...

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Una spaccatura che attraversa le correnti interne, i clan, finanche le famiglie e rischia di compromettere matrimoni. È l'ultima follia interna al centrosinistra: collaborare o no con Alemanno. Bisogna parlarci o attaccarlo e basta. Se tende la mano, bisogna stringerla o bacchettarla? L'oggetto del contendere è appunto la scelta fatta da Amato di aver accettato l'incarico di presiedere la commissione, soprannominata Attali (dall'omonimo socialista francese, designato da Sarkozy, che ne presiede una simile), per il rilancio della Capitale che ha visto come soggetti promotori il sindaco di Roma Gianni Alemanno, il presidente della Provincia Nicola Zingaretti e il presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo. L'ultima a sbottare, sostenendo l'incongruenza di tale scelta, dato che Amato «è stato presidente del Consiglio e fino a pochi mesi fa ministro dell'Interno di un governo il cui vicepremier era Rutelli, avversario di Alemanno nella corsa al Campidoglio», è Linda Lanzillotta, ministro ombra della Pubblica amministrazione, che non ha risparmiato nessuna critica: «Contesto la presidenza Amato alla commissione del sindaco Alemanno». Sulle riforme istituzionali «il confronto è sacrosanto ma in quest'operazione non c'è niente di istituzionale e c'è molto di politico». Il paradosso: la Lanzillotta è moglie di Franco Bassanini, chiamato proprio a far parte della commissione «Attali de' noantri», (come l'ha definita il sindaco Alemanno) dopo aver lavorato in quella originale. «È noto - replica la Lanzillotta - che le nostre scelte sono assolutamente autonome. Ciò detto, mi pare che la sua nomina sia stata fatta da Nicola Zingaretti limitatamente ai profili istituzionali». Nell'acceso dibattito s'inserisce - con un'intervista al Corriere della Sera - il ministro ombra degli Esteri Piero Fassino, che non palesa troppo calore verso l'iniziativa assunta da Alemanno e appoggiata da esponenti del centrosinistra come per l'appunto Amato: «Forse la politica dovrebbe occuparsi più dei problemi veri che investono la vita quotidiana dei cittadini. Un conto poi è invocare la ricerca di una grande intesa sulle grandi scelte di politica estera, altra cosa è invocare l'intesa bipartisan su qualsiasi politica». Ma i loro sono solo gli ultimi interventi. Appena venerdì scorso c'aveva pensato Rosy Bindi ad attaccare: «Chi governa governa, chi fa l'opposizione fa l'opposizione e non dimentichi che il confronto ci deve essere ma si deve svolgere in Parlamento, non in altre sedi». Dunque, vade retro Amato. Dialogare o no? Per i dalemiani assolutamente sì. Spiega Nicola Latorre, braccio destro di Baffino: «Credo che si stia forzando il senso della commissione che ha una valenza tutta romana e sarà positiva se aiuterà a rafforzare l'intesa tra le istituzioni locali». Latorre mette in guardia: «Nessuno però condideri la commissione un modo surrettizio per appannare le ragioni di una battaglia politica che noi portiamo avanti come opposizione. Il nostro operato sui primi mesi di attività della giunta Alemanno, così come del governo Berlusconi, resta negativo». E non c'è da stupirsi: Amato co-presiede la fondazione Italianieuropei; l'altro copresidente è Massimo D'Alema. E un altro dalemiano, il capogruppo Pd in consiglio comunale (spalleggiato dal vicepresidente dell'assise Mirko Coratti) Umberto Marroni, augura «buon lavoro a Giuliano Amato».

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