Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

dall'inviato Nicola Imberti ...

default_image

  • a
  • a
  • a

Dopotutto in quell'anno, nella cittadina toscana, nacque il Partito comunista d'Italia. E se non si ritorna lì dove si dovrebbe tornare? Così succede che Paolo Ferrero, avversario di Nichi Vendola per la segreteria di Rifondazione Comunista, quando sono da poco passate le 18, prenda la parola davanti alla platea del congresso del partito in corso a Chianciano Terme. Un intervento pacato nei toni, ma netto nelle posizioni. L'ex ministro della Solidarietà sociale parla di comunismo, cita Marx e invoca una «svolta a sinistra». Poi, tra gli applausi dei suoi sostenitori, scende dal palco. A questo punto metà della sala si alza in piedi e, pugno sinistro verso il cielo, comincia a intonare «Bandiera rossa», scritta nel 1908. Seguita immediatamente da «Bella ciao». Gli altri restano seduti, in silenzio. Insomma mancano giusto i delegati che abbandonano la sala per riunirsi altrove e il remake della scissione del 1921 è servito. Seduto in sesta fila Fausto Bertinotti ha lo sguardo vitreo, si stropiccia gli occhi. Forse neanche lui crede che tutto stia accadendo veramente. E pensare che, solo poche ore prima aveva fatto piangere un po' tutti. In fondo si tratta pur sempre dell'addio del «padre nobile» del Prc e in queste occasioni anche i nemici, concedono volentieri l'onore delle armi. Anche perché Bertinotti, in polo blu scuro, ha cercato di essere più ecumenico possibile ammettendo i propri errori, citando positivamente alcune sollecitazioni che erano arrivate da Ramon Mantovani (uno dei principali esponenti della mozione Ferrero), invocando la costruzione di un «nuovo movimento operaio». Alla fine, con la voce rotta dal pianto, ha anche ringraziato i presenti «per tutto quello che mi avete dato in questi anni», chiudendo con il più sentimentale dei «vi voglio bene». E davanti a un leader in lacrime anche i duri si sono ammorbiditi. Giovanni Russo Spena, altro esponente ferreriano, si è addirittura spinto a dire che, per trovare un accordo, sarebbe bastato scrivere nel documento politico «tutto quello che ha detto Fausto». O magari, ma qui si entra nel campo delle battute, «farlo segretario di transizione». Purtroppo Bertinotti ha già passato lo scettro a Vendola e non è disposto a fare passi indietro. Lui, ormai appartiene al passato. Il futuro è un accordo praticamente impossibile, fatto di complicatissimi calcoli matematici che , con tutta probabilità, porteranno Ferrero alla guida del partito. Tanto, comunque, una certezza ci sarà sempre: Livorno 1921.

Dai blog