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Ronchi: "Ora dobbiamo censire le moschee"

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E, sulla scia dell'attualità e del «caso Jenner», il ministro per le Politiche Europee lancia la sua proposta: censire le moschee attive sul territorio italiano, impedire che da quei luoghi partano messaggi di odio religioso e garantire così un altro binomio, quello che coniuga libertà di culto e sicurezza. Ministro, alcune decisioni adottate o annunciate dal governo hanno provocato polemiche all'estero. E lei è stato in Spagna dopo le accuse di alcuni esponenti dell'esecutivo Zapatero. Qual è la sua impressione? «C'è la sensazione di un certo pregiudizio ideologico verso l'Italia quando governa il centrodestra. A prescindere, come diceva Totò. Quando andai in Spagna capii che era tutto un pretesto basato su un pregiudizio nei confronti di Berlusconi. Certo che se l'Italia non è più la porta girevole dell'Europa e adotta regole chiare e ferree, una parte del flusso immigratorio torna in Spagna...Il dato, comunque, è che l'immigrazione è una risorsa economica fondamentale per noi e bisogna creare le condizioni per l'integrazione. Questo, però, si può fare solo se siamo drastici rispetto agli ingressi clandestini. Insomma, solidarietà e legalità vanno coniugate». Come vede l'Europa alla luce della bocciatura irlandese del trattato di Lisbona? «Il problema è che la gente percepisce un'Europa fredda, senza un'anima, distante dai problemi veri. Oggi le emergenze del cittadino Ue sono l'ambiente, il lavoro, la sicurezza, l'immigrazione. È necessario avvicinare l'Europa ai suoi cittadini e non far calare su loro dall'alto normative fredde e burocratiche. Se si comincia a parlare di problemi concreti, la gente capisce e partecipa». In queste ore continuano gli sbarchi a Lampedusa, dove lei ha fatto un sopralluogo alcuni giorni fa. Il Cpt dell'isola è in perpetua emergenza. Che fare? «L'inizio del dialogo tra Berlusconi e Gheddafi porterà i suoi effetti che, credo, si cominceranno a vedere già dalla prossima settimana. Per quanto riguarda i centri di permanenza temporanea, penso che sia indispensabile costruirne altri, anche in regioni dove non ci sono arrivi diretti di stranieri». Il problema, tuttavia, non può essere affrontato solo da un Paese o da due... «Infatti. L'immigrazione non è e non può essere un problema solo nazionale. E l'Europa non può essere una fortezza e neppure un colabrodo. Ci vuole un accordo globale dell'Ue rispetto a un problema comune. Sarkozy, in pratica, ha raccolto molte indicazioni della nostra Bossi-Fini. E se il semestre francese avrà successo, andremo verso la giusta direzione. Sulla questione dell'accoglienza sono state dette molte stupidaggini. La legge garantirà il diritto all'asilo. Ma bisogna verificare negli Stati d'origine la condizione degli aspiranti rifugiati politici». Guardiamo ora alla politica interna. Il partito popolare europeo è per An un approdo finale e condiviso? «Sì. Lo prova il viaggio a Parigi di Fini prima delle elezioni. Sarkozy lo ha invitato a parlare sul palco e alla fine c'è stata la foto di gruppo con i leader europei, da Sarkò alla Merkel. Un'immagine che è il sigillo sul fatto che quella è la nostra casa». Alle elezioni europee del 2009 ci sarà una lista unica del Pdl? E sarà la lista di un solo partito? «Dalle urne è uscito un messaggio chiaro. E io sono molto ottimista». Dopo le politiche e le comunali di Roma ci sono grandi aspettative sul centrodestra. Dove si gioca, secondo lei, la vera partita? «Si gioca sia a livello nazionale sia locale. Il voto di Roma è stato importantissimo e pochi avrebbero scommesso su Alemanno. Gianni ha fatto una grande battaglia politica e ha infranto un muro che sembrava granitico, vincendo la sfida con le armi della passione e degli ideali. I fattori che hanno contato sono molti. Il forte effetto-traino della vittoria del Pdl, la delusione per il governo delle tasse guidato da Prodi, la voglia di cambiamento dei cittadini. Ma non solo questo. Il popolo ha identificato il centrodestra come la vera speranza di riformismo economico e sociale e non solo come un'alternativa al centrosinistra. Ora il nostro compito è non deludere. Non far appassire la speranza che abbiamo creato. Ci vuole attenzione al disagio del cittadino, ovunque si manifesti. Perchè governare bene Roma diventa il biglietto da visita dell'intero Paese. Alemanno l'ha capito e mi sembra che ci stia riuscendo egregiamente». Pensa che esista la possibilità che in futuro l'Udc torni su suoi passi? «Quella di Casini è stata una scelta legittima. Io, però, non l'ho compresa. Ha rotto una delle quattro "gambe" dell'alleanza di centrodestra che hanno dato all'Italia una speranza di cambiamento e il voto non l'ha certo premiato. Con l'Udc, comunque, abbiamo valori comuni e mi auguro che Casini torni sui suoi passi, anche perché non ce lo vedo proprio con Veltroni o con D'Alema...». Oggi c'è stata bagarre alla Camera. L'opposizione ha contestato anche Fini... «Il presidente della Camera si è comportato in modo lineare e con assoluta correttezza istituzionale. Le critiche sono inaccettabili e dimostrano lo stato confusionale dell'opposizione di centrosinistra». Che ne pensa del caso-Jenner? «Io ho fatto una battaglia per impedire infiltrazioni estremistiche nelle moschee di Bologna, Genova e Colle di Val d'Elsa, perché erano controllate dall'Ucoi, autore di un'infame documento contro Israele. Non bisogna dare patenti di legittimità a chi nega l'esistenza dello stato ebraico. Credo poi che si debbano censire le moschee, sapere chi predica e se da lì partono messaggi d'odio. L'obiettivo, anche in questo caso, è duplice: garantire il diritto di culto, come prevede la Costituzione, e nello stesso tempo la sicurezza».

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