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«Rivedere il nostro impegno all'estero»

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Non è una vera e propria inversione di tendenza, piuttosto una «correzione» della nostra politica estera quella che propone il documento preparato dalla fondazione Farefuturo, presieduta da Gianfranco Fini. Il documento non è stato approvato ma verrà discusso al workshop che si terrà domani alla presenza dello stesso presidente della Camera e del ministro degli Esteri Franco Frattini. Una nota interna che però contiene diversi elementi di novità. Il primo è proprio nel capitolo che riguarda la nostra presenza all'estero per la quale «l'estensione nel tempo e nello spazio di contingenti numerosi di militari deve divenire oggetto di attente riflessioni». Quindi si suggerisce che «resta inteso che lo strumento militare internazionale integrativo per eccellenza per l'Italia dovrà continuare ad essere visto nella Nato - si legge nel documento -. Nella pianificazione delle missioni è fondamentale anche la determinazione degli obiettivi per il disimpegno. Individuazione di chiari e realistici obiettivi di disimpegno commisurati con le nostre capacità è necessaria fin dalla pianificazione iniziale al fine di evitare missioni sine die o senza prospettiva temporale e politica. In caso di disimpegno, è da evitare il ricorso a forme di esternalizzazione degli impegni a contractors et similia come è stato fatto in Iraq. La missione finisce quando rientrano i nostri soldati». Inoltre «resta una priorità di sicurezza per il nostro Paese il fatto che le Nazioni Unite continuino a conservare un importante ruolo di legittimazione delle missioni internazionali all'estero, in particolare per le missioni coalitions of the willing. L'Italia dovrebbe essere estremamente prudente a partecipare a missioni militari all'estero in assenza di copertura delle Nazioni Unite». Si esamina poi come affrontare la parte economica della politica estera e si suggerisce comunque di accorpare tutto o sotto il ministero dello Sviluppo Economico o sotto la Farnesina o costituendo un nuovo dicastero «che comprenda non solo il Commercio internazionale ma la governance di tutte le relazioni economiche strategiche internazionali, turismo, promozione commerciale, politica commerciale, politica industriale internazionale etc». Altro capitolo di novità è quello che riguarda l'Ue. L'analisi che viene fatta è che a frenare la nuova Unione sono due resistenze: quella «alle ulteriori cessioni di sovranità richieste da Bruxelles e in particolare esemplificate nel tentativo di passare da un voto a doppia maggioranza rispetto a quello all'unanimità», e quella «all'allargamento, in special modo verso i Paesi dei Balcani e alla Turchia, resistenze che nel 2005 già produssero i "no" referendari di Francia e Olanda». Tuttavia, «pur restando il consolidamento e l'allargamento dell'Ue uno dei cardini della politica estera italiana, è verosimile che nel medio periodo dovremo ragionare di un'Unione incompleta sia quantitativamente che qualitativamente». Dall'Ue agli Usa. L'alleanza atlantica resta «imprescindibile», anche se Farefuturo propone una nuova relazione: «Dal rapporto privilegiato con Washington possono derivare nicchie di responsabilità geopolitica per l'Italia da sviluppare in funzione di nostri interessi nazionali e in attuazione di linee di policy regionali o sub-regionali concordate con gli Stati Uniti d'America»

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