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«In agenda le regole d'ingaggio a Kabul»

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Ne è convinto Lucio Malan, senatore del Pdl e presidente della Fondazione Italia-Usa. Inoltre perché questa visita servirà a riprendere i contatti con Berlusconi. «Bush — spiega — viene a incontrare un governo molto più in sintonia con gli Stati Uniti rispetto a quello che c'è stato negli ultimi due anni. È un segnale importante». Con Prodi c'è stato un raffreddamento dei rapporti con Washington? «Sicuramente non sono stati ottimali. Anche se si sono sempre comunque svolti nell'ambito di una alleanza e di una collaborazione su diversi temi caldi, come ad esempio l'Afghanistan. Però anche in quel caso con molte difficoltà. Perché comunque Prodi aveva un'opposizione interna al governo che era contraria alla nostra presenza a Kabul. Un altro motivo di attrito è stata la vicenda dell'aeroporto Dal Molin di Vicenza». Sia Bush sia il segretario generale della Nato ci hanno chiesto di rivedere i "caveat" in Afghanistan dei nostri soldati. Nell'incontro si parlerà anche di questo? «Certamente, è un tema di stretta attualità. Né Berlusconi né il presidente americano nei loro colloqui sono abituati a tenere fuori argomenti scottanti». Bush però lascerà la Casa Bianca tra pochi mesi, a gennaio. Che significato ha la sua visita a Roma? «Otto mesi sono pur sempre quasi un quinto del mandato presidenziale. E in questo periodo Bush si troverà a decidere su problemi molto importanti, ad esempio dovrà fare molta attenzione a come evolve la situazione in Iran. È il tema sul quale gli Stati Uniti in questo momento sono particolarmente attenti». Se Washington dovesse decidere di intervenire in Iran come ha fatto in Iraq, l'Italia dovrebbe partecipare alle operazioni? «Bisogna lavorare perché ci sia una soluzione diversa da un intervento militare. E se mai si dovesse arrivare a questa soluzione difficilmente si tratterebbe di un intervento Nato ma di una decisione americana. E in quel caso dovrebbero essere gli Stati Uniti a chiedere una nostra eventuale collaborazione». E se ci fosse questa richiesta? «Credo non sia il caso di fare ipotesi premature su un fatto così grave. Di sicuro l'Iran è un pericolo, lo abbiamo visto anche con le dichiarazione di Ahmadinejad a Roma la scorsa settimana». Obama e McCain. Con quale dei due il governo italiano potrebbe avere più feeling? «Siamo un Paese che ha le credenziali per avere un ottimo rapporto con chiunque vinca. Per quanto riguarda la politica internazionale ancora nessuno dei due ha preso posizioni che ci coinvolgono direttamente. Quando lo faranno potremo giudicare. Personalmente preferisco McCain, anche per una "affinità" politica».

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