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«Quartieri a luci rosse» Maroni non cambia idea

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Il ministro dell'Interno, sottolineando che si deve puntare prima di tutto al «controllo sanitario» e alla «garanzia dei cittadini», annuncia un incontro con Carlo Vizzini per esaminare la situazione. E il presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, accogliendo l'invito del Viminale, rileva che il suo emendamento che ha suscitato tante polemiche è nato dalla necessità di «rendere fruibili luoghi pubblici nei quali non si può più mettere piede». «Non voglio fare il falso moralizzatore sulle prostitute, convinto come sono — spiega — che protettori e trafficanti sono categorie abiette da punire con grande severità e senza sconti». Le aree a luci rosse non convincono né i cattolici del centrodestra né i centristi. «In tutti i paesi del mondo — dice Maurizio Lupi (Pdl) — questi quartieri sono simbolo del degrado. E lo Stato non può avallare lo sfruttamento della prostituzione: ciò significa non rispettare la persona». Luca Volontè (Udc) parla di idea «balzana e barbara»: «Lo Stato che prepara voli speciali per le schiave o attrezza quartieri per gli schiavisti è l'anticamera della pazzia collettiva». «Una proposta aberrante e immorale», gli fa eco Francesco Storace; al segretario de La Destra tutto ciò ricorda la «soluzione delle narco-sale» che «la sinistra propone ai drogati». «Piena sintonia» con il ministro Maroni giunge invece da Alessandra Mussolini (Pdl-As), che ricorda la sua proposta di legge sulle «zone a luci rosse». Viviana Beccalossi (Pdl), che nel 1993 raccolse nella sola Brescia diecimila firme per le «case chiuse», ipotizza la creazione di cooperative che allontanerebbero le lucciole dalle strade. Ribadisce il netto «no» del centrosinistra Vittoria Franco, ministro ombra del Partito democratico per le Pari Opportunità: «Anche alla proposta del ministro Maroni di quartieri a luce rosse rispondiamo che, come primo atto, è necessario ritirare l'emendamento sull'espulsione per le prostitute che esercitano sulla strada. Ribadiamo — conclude la Franco — che si tratta di un emendamento inaccettabile, che punisce le vittime e non i carnefici».

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