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Cicchitto: partito unico più facile se non ci saranno divisioni nel governo

Cicchitto

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  La prima, decisiva, riguarda la gestione del governo e la realizzazione del programma che ci ha consentito di vincere le elezioni e che si fonda, non dimentichiamolo mai, su alcuni punti assai importanti: maggiore sicurezza, ripresa della crescita, normalizzazione della situazione campana con l'eliminazione di montagne di rifiuti, rilancio di una serie di infrastrutture decisive per la competitività di sistema, una nuova politica del lavoro che si traduca in più produttività e in più salari. L'ottimismo facilone è un cattivo consigliere, così come per altro verso, la ricerca di una via d'uscita in un consociativismo buonista che non si misura con le posizioni contraddittorie della sinistra. I rapporti corretti fra maggioranza e opposizione, l'auspicabile fine di ogni demonizzazione (che speriamo si consolidi e che comunque non coinvolge affatto un significativo settore dell'opposizione, quella di Di Pietro, il cui autentico rapporto con il Pd ancora non è chiaro) non risolvono di per sé i problemi. In alcuni settori (la situazione dei rifiuti in Campania, ma anche il dissesto del bilancio sanitario nel Lazio e in Abruzzo), il bilancio che ci lascia il centro-sinistra è molto negativo, talora disastroso. Allora in primo luogo bisogna far di tutto per realizzare il programma di governo avendo piena consapevolezza della difficoltà dell'obiettivo. Contemporaneamente abbiamo il problema di realizzare fra Forza Italia, AN, le altre formazioni politiche un nuovo soggetto politico. Da questo punto di vista ci troviamo in una situazione per molti aspetti paradossale. Noi abbiamo seguito una strada molto diversa da quella del centro-sinistra, che prima ha assiemato un partito in modo assai pasticciato e fragile, e poi ha fatto una lista elettorale comune. Noi abbiamo fatto una lista comune votata da milioni di italiani. Ciò si è tradotto in gruppi parlamentari unitari alla Camera e al Senato. Abbiamo fatto questa operazione nel fuoco di una scelta politica assai rischiosa, quella di affermare un nucleo forte costituito dalla leadership di Berlusconi, dal ruolo di Fini, da Forza Italia e da AN rompendo sia sulla destra sia con un pezzo del centro (Casini e l'UDC). Abbiamo fatto questa operazione politica di comune intesa fra Forza Italia, AN, altre forze. Oggi rimangono in campo due e più partiti che vanno unificati. Ora la prima unificazione è politica e si fonda su una comune linea di governo: se intervengono divisioni a quel livello le cose potrebbero complicarsi e mi auguro che ciò non avvenga. Contestualmente a livello nazionale e locale occorre aprire il confronto fra quelli che Gasparri ha chiamato "comitati paritetici" per avviare un processo politico di unificazione politico-partitico. L'operazione è realizzabile, ma comporta anche l'esigenza di misurarsi con una serie di questioni. Ogni partito ha una sua struttura di potere e di consenso e un forte patriottismo. Inoltre esistono storie politiche e culturali assai diverse e insediamenti sociali e territoriali che vanno tutti coinvolti e aggregati. Occorre realizzare una cabina di regia centrale e altrettante periferiche e nel contempo suscitare o raccogliere spinte ed energie dal basso estranee alle strutture tradizionali di partito. Il tutto va fatto nel fuoco di un'azione di governo che deve misurarsi con una serie di problemi drammatici. Insomma quella del contemporaneo sviluppo di una vincente azione di governo e della costruzione di un nuovo soggetto politico è un'operazione insieme assai difficile ed esaltante. Ma Berlusconi ha sempre dato obiettivi che sulla carta sembravano quasi impossibili che però sono stati quasi sempre realizzati. *Capogruppo Pdl Camera

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