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Non disperdiamo lo spirito del dialogo dell'Iran

Ahmadinejad

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È vivo infatti un sentimento di forte solidarietà nel nostro paese nei confronti dell'integrità, dell'esistenza dello Stato di Israele, così come continua ad esere presente in tutto l'occidente il ricordo delle vittime della Shoah ed i proclami bellicosi, provocatori, del leader iraniano espressi in questi anni hanno determinato sempre una reazione politica pressoché unanime di dissenso nei suoi confronti.Ma questa sollevazione polemica che sollecita ad isolare nella sua visita romana il leader persiano rischia di essere frenato dal carattere multilaterale nel quale si svolge questo appuntamento internazionale. Roma è certamente la Capitale d'Italia e il nostro Governo, le nostre forze politiche democratiche hanno il dovere e la legittimità di esprimersi circa la politica condotta da Teheran, ma non dobbiamo tuttavia dimenticare che Roma ospita uno dei poli più prestigioso ed importante del Sistema delle Nazioni Unite nonché sede-capitale dello Stato vaticano, ed è quindi questa triplice funzione-ruolo della città eterna promuove un di più di responsabilità e di equilibrio. Siamo vincolati ad esprimere un doveroso motivato dissenso alla politica iraniana ma anche chiamati a riaffermare il nostro impegno affinché si creino i presupposti di un necessario e doveroso dialogo sul futuro della pace in Medio Oriente. I paesi occidentali hanno ben chiaro le direttrici lungo le quali si sono potuti sviluppare dei progressi nelle difficili ed intricate vicende medio-orientali, è emersa anche nella recente vicenda libanese sicuramente la politica del dialogo intesa come necessità e volontà delle parti in campo sulle molteplici vicende che sovrastano da decenni il già intricato puzzle multiconfessionale che divide il piccolo Libano. Tuttavia nella soluzione di compromesso, senza vincitori, né vinti, giganteggia l'idea che le soluzioni politiche alle crisi in atto sono sempre preferibili alle azioni di forza, alle minacce di far uso della forza, alla prepotenza di chi comunque ritiene sempre di avere la ragione dalla propria parte. La richiesta di dialogo naturalmente sollecita reazioni sovente istintive, chiunque si è proposto di promuovere una politica di dialogo si è visto aggredire politicamente. Ne ha fatto le spese persino Obama, che pure definisce Ahmadinejad «avventato, irresponsabile, disattento», il candidato democratico è stato accusato dalla comunità ebraica di new york di non avere Israele nel suo Kishka (in ebraico significa fegato). Eppure chi ha Israele nel proprio fegato e nel proprio cuore deve sapere che eliminare il pericolo nucleare iraniano rivolto contro il suo territorio ha bisogno di una lunga e complessa attività negoziale che dev'essere sollecitata attraverso una ragionevole politica di dialogo in cui i fattori politici, religiosi ed economici hanno una componente essenziale. Se questo viene fatto alla luce del sole, mantenendo saldi i propri principi di fondo, si sottraggono al proprio interlocutore gli alibi di perseguire esclusivamente una politica di aggressione e di espansione. Se viene al contrario utilizzato un approccio «ipocrita», tollerando vistosi deficit di democrazia e diritti umani a fronte di robusti interscambi di carattere economico, viene meno non solo l'obiettivo di fondo della nostra politica, ma anche la possibilità di vedere raggiungere risultati importanti sul piano del progresso della comprensione e del rispetto fra le civiltà e le religioni. L'occasione della visita in un contesto multilaterale appare quindi assai propizia, per far conoscere al presidente iraniano la posizione di principio innanzitutto di ordine morale che esprime l'opinione pubblica ed il mondo politico italiano circa i propositi della politica del suo Governo in medio-oriente, e per cogliere l'opportunità di conoscere, qualora esistessero, le volontà di dialogo e i progressi in materia di democrazia e di libertà dell'Iran. Se Ahmadinejad si spinge da Teheran sino a Roma non lo fa certamente soltanto per offrire la sua ricetta in materia di fame nel mondo, anche se il tema della pace e della malnutrizione sono strettamente connessi, se si spinge sino a qua, e si aprono le porte delle Nazioni Unite e quelle del Vaticano, sarebbe il caso di non disperdere lo spirito di dialogo, ascoltare le idee altrui, criticare e superare gli ostacoli per costruire una convivenza pacifica in tutto il Medio Oriente.  

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