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E i big bacchettano i colonnelli

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Ne mancarno almeno 87, quelli del Pdl. In Transatlantico rimangono in pochi. Gregorio Fontana continua a camminare su e giù lungo il tappeto rosso che porta verso l'uscita. La Lega è già rinchiusa in un'altra sala per una riunione di gruppo. Fabrizio Cicchitto sta varcando il portone di Palazzo Grazioli. C'è Silvio Berlusconi ad attenderlo. Cicchitto è il capogruppo del Popolo della libertà alla Camera e ieri non tutti i suoi deputati hanno timbrato il cartellino. L'assenza di molti di loro ha causato il ko della maggioranza su un emendamento riguardante il decreto legge in materia di assolvimento di obblighi comunitari. Un emendamento sulla caccia e la pesca. «Un emendamento che conta poco e niente», spiegano alcuni parlamentari del Pdl. Ma che ha riempito in pochi secondi le prime pagine dei siti internet che si occupano di politica nazionale. Così il capogruppo Cicchitto rimane a colloquio con il presidente del Consiglio circa un'ora, discutendo e facendo il punto della situazione sui lavori in Parlamento. Il Cavaliere avrebbe fatto capire al suo colonnello, che fatti così non si dovranno ripetere. Uscendo, nessuna dichiarazione. Via dalla residenza romana del Cavaliere senza parlare con i giornalisti, si continua a lavorare. Ma Berlusconi non è l'unico big a dover chiamare a rapporto i suoi uomini. Poche ore prima, dall'alta poltrona della presidenza della Camera, Gianfranco Fini è costretto a riprendere i suoi fedelissimi. In Aula si continua a votare. Anzi, le votazioni vanno molto a rilento a causa del brusio dei deputati che disturba i lavori parlamentari. Squilla un telefonino, ne squilla un altro. Un deputato cambia banco avvicinando un collega. Si litiga, soprattutto, perché si sta discutendo il decreto legge sugli adempimenti dell'Unione europea. E sulla norma, ribattezzata, «salva-Rete4» scatta l'ostruzionismo dell'opposizione. Insomma, quasi un brontolio di voci da «normale amministrazione». Ma il mormorio continuo disturba comunque il presidente di Montecitorio. Fini vuole proseguire i lavori. Si gira verso i banchi del Popolo della libertà, dove sedeva pochi mesi prima, e decide di riprendere i suoi due fedelissimi: Andrea Ronchi e Italo Bocchino. L'ex portavoce di Fini e ora ministro per le Politiche comunitarie è stato invitato a «prestare attenzione» agli interventi in Aula. Mentre al secondo, vicecapogruppo del Pdl, prega di non sedere tra i banchi del governo. Fini, come Berlusconi, non transige. In «classe» si lavora. Tutti.

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