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Dal «se po' fa» al «non se po' fa». Oppure, dalle «ultime» ...

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Una scudisciata, non soltanto formale, inferta ad Antonio Di Pietro, reo di turbare, con un intervento aspro e polemico (da seconda Repubblica rissosa e ideologica), nei confronti del centro-destra, il nuovo clima di buonismo «bipartisan» tra maggioranza e opposizione, magicamente sorto dopo il voto; vero viatico per la costruzione della Terza Repubblica. In tal modo Tonino pensava di prendere due piccioni con una fava: dimostrare di esistere e mandare segnali di fumo nero a Walter Veltroni, da cui sta prendendo il largo. E Fini, che la sa lunga, se ne è accorto subito, bacchettandolo nella sostanza: «Garantirla da interruzioni? Dipende da cosa si dice». Traduzione della scenetta: stai attento a non minare la Terza Repubblica, fondata sul pacs Silvio-Walter e sancita da autentiche dichiarazioni d'amore, tipo «dialogo costruttivo», «opposizione responsabile» e «disponibilità senza precedenti nella storia della Repubblica»; condite pure da riferimenti «crozziani». A questo punto bisogna ordinare i numeri della Repubblica. L'unica cosa certa è l'esistenza del presidente Giorgio Napolitano, bandiera della pacificazione nazionale (fa testo ciò che ha detto in occasione del 25 aprile e contro i terroristi-star dei media e università), come già fece Carlo Azeglio Ciampi Per il resto, Berlusconi, Fini, Veltroni, sono i padri costituenti della Terza Repubblica, che oltre al semi-presidenzialismo, al federalismo solidale, all'abolizione del bicameralismo perfetto, e al bipolarismo basato su partiti all'americana, poggerà le sue radici sul rispetto e una diversa civiltà delle regole. Mentre personaggi del calibro di Antonio Di Pietro, «ma anche» di Massimo D'Alema (il quale ha rimproverato all'ex sindaco di Roma la sua eccessiva collaborazione con l'inquilino di Palazzo Chigi), sono ancora fermi alla seconda Repubblica, mai nata, ma sempre annunciata (il referendum-Segni del '93; la bicamerale di Baffino nel '96). Una seconda Repubblica post-Tangentopoli, col culto di Masaniello e Robespierre, patria del giustizialismo, del moralismo, del nuovismo e delle tifoserie ideologiche. Molto alleata della prima. Non a caso il post-dc Pier Ferdinando Casini, in piena scenetta Fini-Di Pietro, ha assunto una posizione «centrista», cerchiobottista: «Dissento da Di Pietro, "ma anche" da Fini».

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