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Rotelli spera nelle liti in Rcs per entrare nel salotto "buono"

Via Solferino, sede del Corsera

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In Italia se si vuole contare veramente si fa così. In tanti ci hanno provato, pochi ci sono veramente riusciti e molti hanno inesorabilmente fallito. Senza scomodare i torbidi intrecci tra il Banco Ambrosiano di Roberto Calvi e le tentacolari presenze di Licio Gelli nell'assalto al giornale di Via Solferino, il più recente tentativo è stato quello del raider di Zagarolo, Stefano Ricucci, che non più tardi di tre anni fa cominciò ad accumulare pacchi di azioni Rcs. La scorribanda durò poco. Le porte nel cosiddetto «club del golf», così appellò il consesso, Tarak Ben Ammar, uno dei 14 soci che fanno parte del patto di sindacato (l'accordo tra gli azionisti che consente di controllare con la maggioranza relativa una società) si richiusero senza appello. Ogni tanto, però, qualcuno si ripresenta alla porta della Rizzoli-Corriere della Sera e batte un colpo. L'ultimo richiedente è stato Giuseppe Rotelli. Potente imprenditore della sanità lombarda poco conosciuto nelle cronache giornalistiche. Almeno fino a quando poco più di un anno fa un'agenzia di stampa annunciava: «È ufficiale, Rotelli ha sottoscritto opzioni "put" e "call" su 25,3 milioni di azioni ordinarie di Rcs con la Bpi». Tradotto: le azioni lasciate in pegno da Ricucci alla Banca Popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani ed escusse per il mancato adempimento delle obbligazioni, sono a disposizione. Non subito però ma solo dopo un prefissato periodo di tempo. E cioè a febbraio del 2009. In ogni caso quando sarà perfezionato l'acquisto, con quello che avrà nel portafoglio, Rotelli sarà potenzialmente il secondo azionista del gruppo editoriale con una quota societaria dell'11%, sopra la Fiat e a ridosso di Mediobanca. Sarà difficile, in quel momento, tenere ancora molto fuori dalla stanza dei bottoni chi custodisce una parte così rilevante di diritti di voto. Così il conto alla rovescia per avere un posto nella stanza dei bottoni è già iniziato. Ma chi è Giuseppe Rotelli? Laureato in giurisprudenza, procuratore legale dal 1974 e avvocato dal 1980, fin dal 1972 ha fatto parte del primo nucleo di esperti che costituì l'ufficio legale della giunta regionale. Due volte presidente del comitato regionale della programmazione sanitaria della Regione Lombardia, è stato tra gli estensori del Piano Ospedaliero Regionale, approvato nel 1974 e ha partecipato in seguito alla redazione di molte leggi in materia di Sanità. A partire dal 1984 ha promosso e coordinato il lavoro di un gruppo di esperti delle quattro università lombarde, che ha portato in due anni alla redazione del primo progetto di Piano Sanitario della regione Lombardia. Dal 1980 al 1993 ha ricoperto la carica di presidente dell'Istituto per la Scienza dell'Amministrazione Pubblica, uno dei più importanti istituti di ricerca in Italia, fondato da Feliciano Benvenuti. Nel 1983 ha vinto il primo concorso nazionale per Professore Associato ed è stato chiamato dalla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università degli Studi di Milano a ricoprire la cattedra di Organizzazione e Legislazione Sanitaria. Lui si definisce «un intellettuale che fa l'imprenditore», con una «discreta collezione di quadri del 600-700 lombardo veneto». Possiede diciassette cliniche - cinque delle quali acquisite dal gruppo Ligresti - fra cui il Policlinico San Donato di Milano, capofila del gruppo San Donato, per un giro d'affari complessivo dell'ordine di mezzo miliardo di euro. Uomo di sanità dunque, ma con il pallino dell'editoria. Oltre all'esperienza de La Voce di Indro Montanelli, possiede partecipazioni nelle tv Telelombardia e Antenna 3, oggi unificate. Una delle sue ambizioni è quella di avere un giornale tutto suo da far girare negli ospedali. Non a caso Rotelli viene soprannominato il «reuccio della sanità» o «Sua Sanità». Per ora una sola cosa è certa. Se Ricucci era un raider piuttosto pirotecnico, forse senza rete di protezione politica, Rotelli è un personaggio assai diverso. Di antiche simpatie socialiste, oggi ha buoni rapporti soprattutto con il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, e con l'ex sindaco di Milano, Carlo Tognoli, attuale presidente della Fondazione "Policlinico". Non è pensabile che Rotelli, anche se è uomo prudentissimo, non voglia mettere il suo peso nell'azionariato «blindato» di via Solferino e non è certo un personaggio che vuole stare ai margini, accontentandosi di un ruolo di «partecipante al salotto buono». Il nuovo equilibrio politico potrebbe accorciare l'attesa di Rotelli. Nel patto che decide il destino del giornale ci sono in fondo due poli di attrazione: gli azionisti più o meno vicini a Mediobanca e quelli raccolti attorno a Intesa-Sanpaolo. Nella banca d'affari fondata da Enrico Cuccia Silvio Berlusconi, oggi capo del governo, ha messo il suo zampino qualche mese fa entrando nel sindacato che la governa attraverso la Fininvest. Allo stesso tavolo siede anche il socio in affari Ennio Doris, patron di Mediolanum. Insomma il peso del Cav a Piazzetta Cuccia comincia a essere rilevante. Dall'altra parte il professore Bazoli, presidente di Intesa-SanPaolo, non ha mai smesso di mostrare simpatie per l'ex premier Romano Prodi. Lo stesso che il Cavaliere ha marcato stretto durante l'ultimo governo. Dalla posizione di forza in cui oggi Berlusconi si trova è logico pensare che non lascerà nulla di intentato per entrare nella stanza dei bottoni del quotidiano il giorno, ad esempio, in cui si deciderà il nuovo direttore. Scelta non indifferente per chi governa l'Italia. Su questo tema l'attrito con Bazoli rischia di essere pesanet. Così Rotelli potrebbe diventare l'uomo di garanzia e di stabilità. L'imprenditore è senz'altro in buoni rapporti con Mediobanca, che gli aveva venduto le cliniche cedute da Antonino Ligresti. E soprattutto è considerato vicino a Bazoli che conosce, per sua ammissione, da molto tempo. Insomma all'ultimo che ha bussato al salotto buono dell'economia, la porta si potrebbe aprire prima del previsto proprio per evitare liti in famiglia.

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