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«Dialogo sì, ma non sono Jo Condor»

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Berlusconi

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Quando arriva nella sala dell'Auditorium della Tecnica, Fini è già lì da mezz'ora che lo aspetta nervoso. Ma lui non se ne cura. Stringe distrattamente le mani alla prima fila. Non ha nessun foglio in mano, parla a braccio ma si capisce subito che nel discorso non c'è nulla lasciato all'estemporaneità. Fa l'elenco delle congratulazioni ricevute dai vari capi di Stato stranieri. Ed è l'unica concessione alla vanità. Davanti alle telecamere non c'è più il superuomo che assicura un nuovo miracolo economico, la soluzione ai guasti della sinistra, la ricetta per i mali della giustizia e della sicurezza. Dice subito che è «preoccupato» che la situazione «è difficile perchè l'Italia ha negatività in più rispetto agli altri Paesi europei». E quindi descrive un quadro fosco: prezzi alle stelle, debito pubblico elevato, evasione fiscale e criminalità diffuse, alto costo dell'energia. Nessuna promessa di soluzioni immediate ma «l'impegno a una immediata operatività». L'agenda prevede la formazione del governo entro la settimana e poi via, si parte con le due emergenze: i rifiuti a Napoli e l'Alitalia. Tempi accelerati anche per trasformare il cartello elettorale del Pdl in un nuovo partito. Si farà entro l'anno. Verso il Pd ha solo una stoccata polemica che riguarda la presidenza di una delle due Camere. Pressato sull'argomento da una giornalista del Tg3, Berlusconi risponde tra lo stizzito e il divertito: «Lei ragiona come se una forza che ha vinto con nove punti di margine dovesse lasciare all'opposizione le tre più alte cariche dello Stato». Poi fa un segno sulla fronte come dire: ma che c'ho scritto Jo Condor? (il noto personaggio dei caroselli degli anni Sessanta) Per il resto il Cavaliere è ben attento a non rompere il filo di una possibile collaborazione. «Visto che molti punti del loro programma sono sovrapponibili ai nostri, i voti della sinistra in Parlamento si uniscano ai nostri, naturalmente dopo una discussione». Sulle riforme non ha mostrato di voler accelerare. «La legge elettorale ha funzionato. Semmai bisognerebbe trasformare il premio di maggioranza da regionale a nazionale». Quanto all'ipotesi di ricostituire la bicamerale precisa che «non serve lo strumento bicamerale ma che il lavoro fatto in quell'occasione potrebbe essere un'ottima base di partenza per un lavoro bipartisan». Poi ripete i punti del programma di governo dalla detassazione degli straordinari all'eliminazione dell'Ici sulla prima casa all'adeguamento delle pensioni sotto i mille euro al costo della vita. Parla di cantieri da riaprire, di pubblica amministrazione da digitalizzare, di frontiere da chiudere per sbarrare la strada agli immigrati irregolari, di sepaazione delle carriere nella magistratura. Tranquillizza sul peso della Lega. Il pieno di voti nel Sud del Pdl è un contrappeso e comunque «la Lega non ha mai comandato e Bossi nelle decisioni è sempre stato ragionevole». Berlusconi parla anche della scomparsa della sinistra radicale dal Parlamento. «Telefonerò a Bertinotti e lo inviterò a cena». La politica estera parte informalmente con l'«amico Vladimir» Putin a villa Certosa in Sardegna; poi una missione, probabilmente la prima dopo l'insediamento a palazzo Chigi, in Israele. Quindi l'Europa e naturalmente un saluto ufficiale all'altro «amico» al di là dell'Oceano, il presidente George W. Bush.

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