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A volte ritornano. Da quasi due mesi non se ne aveva più ...

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E il momento è arrivato. A pochi giorni dalle elezioni. In maniera a dir poco dirompente. A rimettere il presidente del Consiglio dimissionario al centro dell'agone politico ci ha pensato un articolo della Stampa nel quale si racconta di una cena che, alcune settimane fa, il Professore ha fatto a Palazzo Chigi. Un'occasione per salutare i suoi collaboratori. Ma anche un appuntamento durante il quale Prodi avrebbe raccontato la «sua» versione della crisi che ha colpito il governo. Spietato come non mai, il premier avrebbe individuato l'origine di tutti i mali. Non Clemente Mastella («lui ha tradito, ma la vera responsabilità politica non è stata la sua...»), ma la sinistra radicale. La colpa, avrebbe detto Prodi, è «di chi ha minato continuamente l'azione del governo, di chi ha fatto certe dichiarazioni istituzionalmente opinabili». E non ci sono dubbi che, dietro quelle «dichiarazioni istituzionalmente opinabili», si nasconda un nome ben preciso: Fausto Bertinotti. Il Presidente del Consiglio dimissionario non smentisce la versione del quotidiano torinese (i suoi più stretti collaboratori confermano la cena) anche se in serata commenta secco: «L'articolo arriva da fonti non controllate e io non lo commento. Per me questo articolo non esiste proprio». In compenso nel loft si dà una lettura «positiva» dello sfogo del premier. Secondo gli uomini vicini a Veltroni, infatti, quello di Prodi sarebbe un tentativo di polarizzare lo scontro gettando sulle spalle della Sinistra la colpa di tutto. Tentativo che, ovviamente, non fa piacere ai vecchi alleati che, a stretto giro di posta, replicano. Secondo Fausto Bertinotti «per Prodi è più grave dimostrare di non aver capito la ragione della crisi del suo governo più ancora che averla subita». «Il governo - continua il candidato premier della Sinistra - è caduto perché gli sono venute a mancare la basi del consenso di massa e questo perché era caduto nella trappola della politica dei due tempi: prima il risanamento, poi la giustizia sociale, che non viene mai. Prodi ha subito il condizionamento di quelle forze moderate che poi lo hanno fatto cadere. A partire da Dini e Mastella». E mentre il leader di Sinistra Democratica Fabio Mussi parla di «una balla colossale», il Verde Alfonso Pecoraro Scanio punta l'indice contro Pd e centristi: «Credo che sia Prodi che gli altri sanno bene che sono stati loro a provocare la crisi di governo. In caso contrario Prodi si sarebbe candidato nel Partito democratico». Anche Clemente Mastella, «assolto» in parte dal Professore, non rinuncia a dire la sua: «Caro Romano, non sono io ad averti tradito, ma chi ha lavorato per mandarti a casa logorando la tua e la nostra azione di governo. Condivido in larga parte le considerazioni di Prodi, soprattutto quando individua in alcune forze politiche la responsabilità di aver minato l'azione dell'esecutivo con dichiarazioni e atteggiamenti istituzionalmente opinabili». Insomma, Prodi è tornato. Ieri ha dato l'addio al palcoscenico internazionale accompagnando una missione imprenditoriale italiana in Egitto («Sono lievemente commosso questo è l'ultimo viaggio bilaterale»), oggi sarà sul palco di piazza Maggiore a Bologna per il comizio conclusivo della campagna elettorale con Veltroni, Bersani, Finocchiaro, Franceschini e il sindaco di Parigi Bertrand Delanoù. Come si dice, meglio tardi che mai. N. I.

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