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Non siamo fuori dal tunnel. Anzi ci siamo entrati. Ed è il ...

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Che sottolinea come, sebbene la frenata colpisca tutti i paesi industriali, il trend sia particolarmente pesante per l'Italia. Secondo viale dell'Astronomia, ai livelli attuali il caro petrolio sottrae 0,6 punti alla dinamica del Pil, la rivalutazione del cambio ne toglie 0,2 (e altri 0,4 nel 2009). Se si considera che l'ultima trimestrale di cassa ha dimezzato le previsioni di crescita allo 0,6 per cento, il conto è presto fatto: scendere sotto lo zero non è più una sciagura lontana, ma un'eventualità concreta da prendere seriamente in considerazione. Confindustria inoltre mette in rilievo che dal 2000 a oggi la mancata crescita del paese, calcolata rispetto agli altri paesi dell'area euro, è stata del 10,4 per cento con una media annua dell'1%. Se avesse avuto una crescita in linea con la media comunitaria, l'Italia nel 2008 avrebbe un pil di 225 miliardi più elevato. Una fotografia a tinte fosche su cui arrivano anche le ombre della pressione fiscale. Questo dato, secondo il Csc, dopo aver sfiorato il record storico del 1997 al 43,7% del pil, nel 2008 rimarrà stabile a quota 43,3%. Sul fronte dei conti pubblici, la spesa corrente primaria nel 2008 si attesterà al 39,7 per cento del pil, in lieve aumento rispetto al 39,6. Il rallentamento - si legge nella nota di Confindustria - «ha cause comuni: perdita di potere d'acquisto per il rincaro delle materie prime (specie energetiche), perdita di competitività da rivalutazione del cambio, debolezza dell'economia Usa. L'Italia le patisce di più per i ritardi nelle riforme necessarie ad adeguarsi alle regole della moneta unica». Una situazione che, secondo viale dell'Astronomia, accentua il calo di fiducia registrato tra le imprese manifatturiere. Il giudizio degli imprenditori sulle condizioni per gli investimenti è infatti profondamente negativo e ai minimi da tre anni. Ciò anticipa una frenata degli acquisti di beni strumentali (macchinari, mezzi di trasporto). «Per gli investimenti il saldo delle risposte, nella rilevazione Banca d'Italia-Il Sole 24 Ore, è diminuito a dicembre 2007 a -31,3 dal -27,8 di settembre. Sono le medie imprese prevalentemente localizzate nel Nordovest a risentire in misura maggiore dell'inversione di tendenza ciclica. La flessione del giudizio si sta già traducendo in minori ordini nel settore dei beni di investimento. La valutazione delle aziende, rilevata dall'Isae, sul livello degli ordini è calata da +1 in gennaio a -4 in febbraio, il valore più basso dal gennaio 2006. Il contributo negativo della domanda estera è leggermente superiore a quello della domanda interna, che pure scende». Il Centro studi rileva inoltre come le materie prime siano tornate a correre: +2,1 per cento i prezzi in euro nella prima settimana di marzo (indice CSC), con il +2,8 per cento dei combustibili e il +0,2 per cento dei non alimentari, mentre gli alimentari calano (-1,4 per cento) dopo il balzo di febbraio (+8,5 per cento). Prezzi record si sono avuti nell'ultimo mese per petrolio, riso, grano. Su base annua, l'indice generale CSC rallenta al +29,1 per cento. «Dietro a tali aumenti - scrive il CsC - c'è anche un legame con l'andamento del dollaro e dei mercati finanziari: quando la divisa Usa si indebolisce e le Borse perdono appeal, come in questa fase turbolenta, molti investitori diversificano sulle materie prime». Le materie prime sono anche responsabili del recente rialzo dell'inflazione in Italia (2,9 per cento a febbraio): gli energetici rincarano dell'8,3%, gli alimentari freschi del 3,7 per cento. La core inflation, pur salita al 2,3 per cento a gennaio spinta dagli alimentari lavorati (+4,9 per cento), è moderata. «Mi dispiace, purtroppo avevamo ragione: le stime di crescita del Paese si stanno avvicinando allo zero piuttosto che all'1%», è stato il commento di Luca Cordero di Montezemolo, che crede e si augura non si debba parlare di recessione. «Penso, spero di no ma noi avevamo previsto lo 0,7% di pil con un barile a 80 dollari e una crescita dello 0,2-0,3% se avesse superato i 90 dollari. Ogni giorno si batte un record sul petrolio da cui siamo spaventosamente dipendenti e le nostre stime che precedono quelle degli altri, sono sempre veritiere».

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