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Seggi in vendita, Pd il più caro

Veltroni

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Di fronte a una domanda di questo tipo, i tesorieri dei vari partiti si trincerano dietro la collaudata e diplomatica formula «non c'è una cifra predeterminata, ognuno è chiamato a dare in ragione delle proprie disponibilità» ma poi, se si incalzano i candidati, si scopre che la sottoscrizione non è propriamente libera. Certamente può oscillare a seconda della posizione o della regione di candidatura, ma difficilmente il futuro eletto può scendere al di sotto di una soglia che viene additata esplicitamente dal tesoriere del partito. Così vale per il Partito democratico di Walter Veltroni che, come nel caso del tetto delle tre legislature può accordare qualche deroga, ma che non transige, per le teste di lista e per i sicuri eletti, sulla quota da elargire. Una quota stabilita formalmente dalle segreterie regionali, ma che in linea di massima è di 50 mila euro. Nella speciale graduatoria dell'onerosità delle candidature, dopo il Pd viene il Pdl, i cui tesorieri non avrebbero ancora quantificato la cifra per queste elezioni, ma hanno già fatto sapere che difficilmente potrà restare ferma ai 30 mila euro chiesti da Forza Italia alle ultime elezioni. Sul podio, dopo il Popolo delle Libertà, ci sarebbe Idv, che nelle scorse settimane, in una riunione dei vertici, ha stabilito che la quota da versare per i candidati sicuri sarà intorno ai 20 mila euro. Più complesso il discorso per l'Udc, il cui tesoriere Giuseppe Naro spiega che «di solito mi faccio una chiacchierata con ciascuno dei candidati, per ragionare su quale possa essere un contributo congruo, che dipende dalle diverse realtà della campagna elettorale». C'è chi dice (e chi ha scritto) che si tratti in genere di un contributo alto (vicino ai 50 mila euro) ma in questo senso le conferme sono solo ufficiose. Dalle fonti ufficiali del resto il ritornello è sempre lo stesso: per la Destra di Storace, a parlare è il tesoriere e senatore Stefano Morselli: «I nostri candidati sono tutti militanti, che si stanno svenando da sei mesi per costruire questo partito. Ognuno mette quanto può. Il primo adempimento - aggiunge Morselli - è di firmare un impegno per cedere una parte dell'indennità parlamentare al partito. Vorrà dire che saremo riusciti a entrare in Parlamento». Sul versante sinistro, in casa Arcobaleno (settore Prc) parla il tesoriere nazionale Sergio Boccadutri, che spiega: «Noi non chiediamo niente all'atto della candidatura, ma facciamo da sempre sottoscrivere un impegno in base al quale chi viene eletto è tenuto a versare al partito il 55% dello stipendio da parlamentare, e cioè circa ottomila euro». Un obolo robusto, in ossequio alla tradizione in auge nel vecchio Pci, dove si chiedeva la metà dello stipendio ai suoi eletti, eccezion fatta per gli indipendenti di sinistra. Meno esosa Forza Italia, che tratterrà dalla busta paga dei suoi parlamentari, anche per questa legislatura, mille euro al mese. Per gli altri, a partire dai socialisti di Boselli per finire con la galassia delle formazioni nate da scissioni a sinistra di Rifondazione o dai microgruppi senatoriali, la partita che si gioca è un'altra, e consiste nel superamento della soglia del punto percentuale. Tanto è quello che richiede la legge per accedere alla ripartizione dei rimborsi elettorali, nella misura di un euro a voto, per cinque anni, indipendentemente dalla durata della legislatura.

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