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Il Pdl a muso duro

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Gianfranco Fini

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Ad imprimerla è il numero due del centrodestra proprio alla vigilia dell'inaugurazione ufficiale della campagna elettorale che si apre stamattina al Palalido di Milano. Il primo bersaglio è la formazione di Casini. Avverte il leader di An: «Un simbolo erede di una tradizione non è una garanzia della difesa dei valori. Nessun partito - ha detto Fini, riferendosi implicitamente all'Udc - può dire di essere l'unico depositario di certi valori: dire oggi, dopo la fine della Dc, una cosa del genere, è sbagliato. Non si può confondere un simbolo erede di una tradizione con la garanzia della difesa dei valori». Poi attacca il progetto del Centro: «È paradossale che si dia vita ad un nuovo soggetto politico che, in pratica, è la vecchia Udc. Se è questa la novità di un grande Centro con Casini, Tabacci e Pezzotta, sono convinto che gli italiani non si faranno abbindolare dal gioco di specchi». Fini dà invece un giudizio cavalleresco su Clemente Mastella. «Voglio rendere omaggio a Mastella. Però credo che non si possa fare politica unicamente in ragione del fatto di voler andare al Governo. Per questo mi sono assunto la responsabilità di dire che non c'erano le condizioni per un accordo alle politiche». Dopo l'Udc, Fini prende di mira anche la formazione di Francesco Storace: «L'identità o è una testimonianza da reperto archeologico, da museo, oppure deve essere inserita in una gerarchia di valori che entrano nel programma. Paglia ha detto che si riconosce in pieno nel Pdl, perchè interpreta i suoi valori. È questa l'identità, non il simbolino elettorale». Il leader di An conferma la bocciatura al progetto di Giuliano Ferrara della lista Pro Life. «Quella di Ferrara contro l'aborto è una battaglia giusta ma non può diventare l'oggetto di un simbolo sulle schede elettorali, perchè così svilisce se stessa». E poi: «Non si può ridurre questa battaglia giusta alla conta di qualche voto per fare gioire chi si aspetta un risultato da prefisso telefonico per dire: ecco quanti sono in Italia quelli che considerano la vita sacra». Immediata è venuta la replica di Ferrara: «Non voglio polemizzare. Ne avrei da dire, ma evito di dirle. Penso che si possa marciare divisi e colpire uniti, senza farsi lezioni a vicenda». Fini affronta anche il nodo dell'Alitalia: «Il problema - sottolinea il leader di Alleanza nazionale - non è la nazionalità dell'assetto azionario, anche se può essere auspicabile che i capitali siano italiani. Il punto è che non deve scomparire il marchio». Secondo Fini, inoltre, il governo di centrodestra evitò di vendere la compagnia «perchè il mercato era debole e si sarebbe trattato di una svendita o di un regalo». Fini ha aggiunto che il centrodestra «ha governato in un periodo di mercato debole e mettere Alitalia sul mercato all'epoca avrebbe comportato il rischio di svenderla o di regalarla. Oggi le condizioni sono migliori».

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