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La Rosa Bianca incalza l'Udc

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[...]in grado di dare risposta a quei tanti italiani «inquieti di fronte all'obbligo di scegliere tra Berlusconi e Veltroni». È questo il sogno di Bruno Tabacci, candidato premier della Rosa Bianca, che nel Palasport di Montecatini Terme conclude la due giorni fondativa del nuovo movimento. Tabacci, pur senza voler passare per «nostalgico», insegue con determinazione il suo progetto, ancorato saldamente alla cultura popolare della Dc. Ma il patto elettorale e l'avvio della fase costituente per la Rosa Bianca non potranno essere fatti a «qualunque condizione». Il messaggio a Pier Ferdinando Casini è chiaro e la platea dei fondatori applaude con convinzione. Il candidato non pone problemi personali. «Io non ho mai fatto questioni personali - dice - e ho spesso accettato anche di fare il suggeritore. Non sono un inciampo. Se vogliamo costruire questa casa, una federazione di centro, deve essere chiaro e visibile che è qualcosa di nuovo. La federazione di centro deve accogliere anche chi non ci è mai stato, come Pezzotta, Bianco e Ciriaco De Mita». Sull'accordo tra Pdl e Mpa di Raffaele Lombardo, che potrebbe vedere l'Udc nuovamente alleata del Cavaliere in Sicilia, l'analisi di Tabacci è sfumata: «È chiaro che se il modello siciliano lo si vuole imporre a livello nazionale, l'autonomia del centro perde credibilità. Se invece quella è un'eccezione che vale per la Sicilia, può anche essere». Meno accomodante sulla questione, il presidente Savino Pezzotta per il quale invece un caposaldo c'è: «Nell'accordo che proponiamo all'Udc, bisogna che sia chiaro il distacco dai poli». Dopo un omaggio al «maestro Albertino Marcora» e un ricordo dei due grandi partiti popolari del dopoguerra, la Dc e il Pci, Tabacci si prepara all'affondo e indica subito il tema: l'etica pubblica, il rapporto tra giustizia e politica. Berlusconi e il centrodestra, bersagli principali. «Noi non siamo giustizialisti - dice Tabacci - ma proviamo fastidio nel vedere la tendenza di un certo ceto politico ad autoassolversi. Berlusconi si è dedicato moltissimo ai suoi processi di Milano piuttosto che occuparsi degli interessi generali del Paese». Il cammino indicato da Tabacci va dalla Dc ad un nuovo centro, «perché nè Veltroni nè Berlusconi hanno lo stesso cuore di Peppone e don Camillo». Il Cavaliere e Fini, rappresentano per il leader della Rosa Bianca «una destra peronista e populista. Berlusconi non ha voglia di guidare questo paese, vuole mettere accanto alle 18 coppe del Milan la terza insalatiera di Palazzo Chigi, tanto c'è Letta che pensa agli affari di Stato».

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