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Incarico a Marini anche senza numeri

Marini

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[...] il presidente del Senato riceve il «testimone» dal presidente della Repubblica. Il tentativo di Giorgio Napolitano di evitare le urne e dare la sua benedizione a un esecutivo tecnico che dovrebbe fare la riforma della legge elettorale è una strada in salita, irta di ostacoli. Per ora verbali, anche se sono parole che pesano. Come quelle del leader Udc Pier Ferdinando Casini, che ritiene «impossibile» fare un governo serio. L'Udeur precisa invece che la sua posizione è al centro e quindi «futura collocazione» del Campanile non è scontata (ma lo è mai stata?). Gianfranco Fini, da Parigi, intima: Napolitano «dovrà sciogliere le Camere». Il senatore dell'Udc Baccini va controcorrente e azzarda: potrei dire sì ad un governo istituzionale. Silvio Berlusconi, da parte sua, ribadisce: si vada al voto con Prodi, in questa legislatura non deve esserci alcun altro governo. Gli fa eco (è il suo lavoro) il portavoce Bonaiuti: Marini è «una bravissima persona», ma «l'unica strada percorribile» è di votare subito. Il presidente della Confidustria dà il suo ok tra le righe al governo di scopo: Marini è una «persona che stimo», afferma. Alle 14 Marini ha una serie di incontri a Palazzo Madama (fra gli altri c'è Enzo Bianco, relatore sulla riforma del voto). Alle tre si apprende che è stato convocato al Quirinale per le 17. Alle cinque e mezza Napolitano incarica Marini di verificare se c'è il consenso per una riforma elettorale e per un governo che la porti all'approvazione. Il capo dello Stato spiega che il suo obiettivo è dare risposta alla richiesta di stabilità. Ora si tratta di riflettere bene prima di prendere eventualmente la «grave» decisione di sciogliere le Camere. Ma nessuno deve pensare che l'incarico a Marini sia «dilatorio». Il presidente del Senato accetta l'impegno «gravoso» e promette che agirà «rapidamente», anche perchè fra i cittadini «c'è una attenzione forte alla modifica della legge elettorale». Ma il centrodestra non molla e riparte all'attacco. le dichiarazioni fioccano. Per Bossi è «il momento di dire basta ai giochi di prestigio». Maroni dice che l'incarico a Marini non cambia nulla, e che il centro destra dovrebbe disertare le consultazioni. Calderoli spiega le parole del «Senatur»: il «gioco di prestigio» sarebbe un governo Marini che indica il referendum elettorale e faccia slittare le elezioni. Baccini è l'unico senatore dell'Udc che non firma la dichiarazione con cui il gruppo chiede elezioni anticipate. Walter Veltroni manifesta ai deputati del Pd la disponibilità a sostenere un governo che fissi a giugno le elezioni, dopo la riforma elettorale o il referendum. Verso le sei Marini incontra Bertinotti e, subito dopo, va da Prodi a Palazzo Chigi. Mezz'ora più tardi annuncia che il pomeriggio del giorno dopo (oggi per chi legge ndr) darà il via alle consultazioni. Il centrosinistra plaude all'iniziativa di Napolitano. Il segretario dell'Udc Cesa diventa possibilista: «Marini è un amico, vediamo cosa ci dirà», azzarda. Casini lascia appena uno spiraglio di speranza: giudica un «dovere» sentire cosa dirà il Marini, ma avverte che «gli spazi restano molto stretti». Dini fa gli auguri a Marini, ma teme che non sarà possibile formare il governo. Berluscomni e Casini rendono pubblica una posizione comune: che la prossima legislatura sia costituente. E il Cavaliere aggiunge ghiaccio alla doccia fredda sulle speranze di un governo istituzionale: a Marini - ripete - diremo di votare subito, non ci sono margini di dialogo.

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