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Sarà anche vero, come dice il Capo dello Stato Giorgio ...

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Eppure, se le dichiarazioni a tv e quotidiani sono indizi attendibili, il Quirinale ha tutte le carte in mano non solo per fare una sintesi, ma per chiudere in un tempo ragionevole la crisi aperta dalle dimissioni di Romano Prodi. Basta fare un paio di somme. Non è un segreto, infatti, che qualsiasi sia l'ipotesi che il Quirinale intende percorrere, Napolitano dovrà fare i conti con il Parlamento. E, allo stato attuale, il Capo dello Stato si trova di fronte tre «partiti»: quello delle «elezioni subito»; quello che vorrebbe rinviare il ricorso alle urne di 8 mesi un anno e votare, così, nel 2009; quelli che vorrebbero un esecutivo a tempo (breve) che cambi la legge elettorale e poi lasci la parola ai cittadini. Nel primo raggruppamento confluisce quasi la totalità del centrodestra (compresi La Destra di Storace, La Dca di Rotondi e il Nuovo Psi di Caldoro, escluso l'Udc) assieme all'Udeur di Clemente Mastella e al Pdci di Oliviero Diliberto. In totale 273 deputati e 142 senatori. Certo, non si tratta della maggioranza assoluta ma, al momento, è questa l'ipotesi che raccoglie più consenso. Anche perché le altre due «forze parlamentari» non solo sono piuttosto distanti, ma appaio difficilmente conciliabili. Sia il gruppo guidato dal Pd (governo per le riforme della durata di 8-12 mesi), sia quello che fa capo a Rifondazione (esecutivo a tempo per modificare la legge elettorale), hanno lo stesso obiettivo: evitare le urne. Il problema nasce sul metodo. Mentre i primi vorrebbero dilatare i tempi per riorganizzarsi e recuperare consensi, gli altri puntano su un sistema di voto che non li cancelli dal Parlamento ma vorrebbero evitare di essere schiacciati da diretti concorrenti che, al momento, non sono ancora pronti per affrontare la prova delle urne. Sulle posizioni di Veltroni, per ora, sembrano essersi attestati l'Udc di Casini, i Radicali, la Costituente socialista, le minoranze linguistiche e i Liberaldemocratici di Lamberto Dini. Totale: 259 deputati e 120 senatori. Meno nutrito l'altro raggruppamento con Prc, la Sinistra Democratica di Mussi, i Verdi e l'Italia dei Valori (92 deputati e 47 senatori). Certo, fuori dal conteggio restano ancora 6 onorevoli non iscritti ad alcun gruppo e 12 esponenti del gruppo misto di Palazzo Madama (compresi i 7 senatori a vita), ma è chiaro che se le due forze minoritarie raggiungessero una qualche forma di mediazione, il partito del «voto subito» non potrebbe far altro che soccombere. È forse questo il vero obiettivo del Capo dello Stato che, è sicuro, proverà in tutti i modi ad evitare elezioni anticipate. Trovare un accordo tra Prc e Pd, però, potrebbe non bastare. Anche Pier Ferdinando Casini ha detto che un esecutivo di responsabiltà nazionale senza Forza Italia e An non è immaginabile. Così, a poco a poco, le elezioni si avvicinano.

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