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Prodi: "Non cado con le parole"

Romano Prodi

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Insomma Dini prima di aprire una crisi «pensi al dopo». È con queste poche parole che Romano Prodi liquida l'intervista al fiele di Lamberto Dini che solo ventiquattr'ore prima lo dava per spacciato, senza una maggioranza netta al Senato e incapace di mantenere gli impegni del programma di governo. Prodi si presenta al consueto appuntamento di fine anno con l'aria sprezzante verso chi aveva pronosticato che non sarebbe arrivato a mangiare il panettone vuoi per l'ipotesi di una spallata, vuoi per l'irrequietezza dei centristi e della sinistra radicale. E se ora Dini chiede la sua testa Prodi ostenta sicurezza. «Quella di gennaio non sarà una verifica e il programma resta quello originario». Smentisce l'ipotesi di rimpasti («il governo funziona») e ribadisce la compattezza della maggioranza sui temi delicati della politica estera e dell'economia. Il premier non risparmia una frecciata anche a Veltroni, principale regista dell'accordo bipartisan sulla legge elettorale, ricordandogli che i partiti minori «non vanno messi fuori gioco», che l'accordo parlamentare «deve essere amplissimo», e deve andare di pari passo con le altre riforme istituzionali: riduzione del numero dei parlamentari, monocameralismo e riforma dei regolamenti parlamentari. Il messaggio di Prodi è chiaro: a chi si era illuso di sfrattarlo da Palazzo Chigi manda a dire che è ben saldo in sella e i risultati sul fronte del risanamento dei conti pubblici lo mettono al riparo dalle critiche. «Io ho vinto le elezioni - ha detto - e i sondaggi si considerano al momento delle elezioni. Vado avanti, un governo si abbatte solo con un voto di sfiducia». Quanto all'ipotesi di un governo di transizione, il premier non vuole nemmeno prenderla in considerazione. «In caso di sfiducia io non avrò più titolo a esprimermi. Spetterà a altri pronunciarsi». Poi sempre rivolto a Dini, sottolinea che «per votare contro un governo bisogna avere delle motivazioni» e queste non ci sono. Quindi enfatizza i risultati realizzati. «L'Italia si è rimessa in cammino ed è uscita dall'emergenza. Il pil cresce al ritmo del 2% da due anni, il debito sta calando e a fine legislatura arriverà sotto il 100% del pil. In più il rapporto deficit-pil a fine anno si attesterà intorno al 2%. E il tasso di disoccupazione è il più basso degli ultimi 25 anni». Ma esiste anche il problema di una «crisi legata alla mancanza di fiducia che impedisce di camminare spediti». Prodi è prodigo di promesse per il 2008. A partire da «una grande patto con sindacati e imprese per il recupero del potere d'acquisto dei redditi medio bassi e per una diminuzione delle imposte. «Abbiamo accumulato le risorse ma sindacati e datori di lavoro si devono impegnare a fare un balzo in avanti». Prodi dedica poche parole al tema della sicurezza limitandosi a ammettere che «c'è un clima di insicurezza diffuso». Promette infine che riproverà a far passare una legge sul conflitto d'interessi («finora non ci sono riuscito» ammette).

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