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Prodi in silenzio, ma per Unipol chiedeva «rispettate la privacy»

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Quel disegno di legge che il ministro della Giustizia Clemente Mastella continua a denunciare essere fermo da mesi in commissione. E che lui vorrebbe trasformare in decreto. Prodi, però, ora tace. Nonostante anche il presidente della Camera Fausto Bertinotti, che non può certo essere definito un amico di Berlusconi, chiede di mettere un freno alla pubblicazione delle intercettazioni. Eppure, in passato, quando a finire nel «tritacarne» delle telefonate spiate erano finiti due personaggi di primo piano dei Ds, Piero Fassino e Massimo D'Alema, il premier aveva fatto sentire tutto il suo sdegno. «Pagine intere di giornali e ore di trasmissioni televisive dedicate alla trascrizione e alla diffusione di intercettazioni telefoniche che nulla mostrano e dimostrano — commentava il 13 giugno scorso — rischiano di alimentare un clima di scontro e di disagio verso le istituzioni e la politica che è inopportuno e pericoloso». E ancora: «Nel ribadire la totale fiducia verso gli esponenti politici toccati da questa sgradevole polemica e sottolineando ancora una volta i rispetto per l'operato dei giudici, non posso che auspicare la più rigorosa discrezione nel pubblicizzare aspetti privati dei singoli, distinguendo gli atteggiamenti e i comportamenti dai fatti realmente compiuti». Anche Piero Fassino, oggi silente come non mai, quando era capitato a lui finire nelle intercettazioni, non aveva risparmiato critiche. Era il 14 giugno e, nel suo intervento al comitato politico dei Ds, aveva commentato così: «Non sono portato a pensare che ci sia un complotto organico e un unico grande vecchio che guida. Ma registro una costante azione che punta a destabilizzare le istituzioni democratiche, alla delegittimazione politica in nome di un'antipolitica pervasiva e alla delegittimazione morale e non solo politica dei singoli e del partito». E non era stato da meno il ministro dell'interno Giuliano amato nel criticare l'uso un po' troppo disinvolto delle intercettazioni. Salvo oggi restare in silenzio sul caso Berlusconi. Il 18 ottobre, parlando a una conferenza sul diritto alla privacy e informazione, aveva spiegato che «in Italia si è apparentemente stabilito un principio per cui una volta che il contenuto di un'intercettazione telefonica è messo a disposizione dei difensori diventa divulgabile "urbi et orbi". Questo non è un principio esistente nel nostro ordinamento, nessun giudice lo ha affermato». Oggi invece rimangono tutti in silenzio. E se qualcuno, come Clemente Mastella, chiede di fare un decreto per velocizzare i tempi, viene subito attaccato. Lo ha fatto il senatore del Pd Felice Casson, che è relatore, in commissione giustizia di Palazzo Madama, del disegno di legge sulle intercettazioni. «Non c'è nessun presupposto perché il governo arrivi ad emanare un decreto sulla disciplina delle intercettazioni — ha spiegato — La proposta del ministro della Giustizia di fare un decreto per regolare le intercettazioni in Italia è davvero una pessima idea. Il contenuto del provvedimento, infatti, dovrebbe essere di tipo processualistico e strutturale e quindi non ci sarebbe alcun presupposto per fare un decreto visto che non riguarderebbe solo un tema in particolare, ma l'intero sistema-intercettazioni: dalla regolamentazione della segretezza alla creazione di archivi riservati. Dalle norme disciplinari per i magistrati che non rispettano le regole della riservatezza a quelle relative alle operazioni di polizia giudiziaria».

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