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E il gruppo Misto monopolizza la discussione al Senato

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Il Transatlantico è deserto e anche nell'emiciclo c'è un silenzio surreale. Si contano si e no una ventina di senatori. Tutto assolutamente normale se non fosse che quasi tutti i presenti hanno una caratteristica comune: appartengono al gruppo Misto. Miracoli della democrazia (o sarebbe meglio dire della frammentazione) che, dall'inizio della legislatura, tra scomposizioni e ricomposizioni, ha portato alla formazione, in Senato, di una miriade di «cespugli». Alcuni senatori, addirittura, costituiscono gruppo a sè. Così, prima di arrivare ai big, in Aula va in onda un vero e proprio «gruppo Misto show». Inizia il presidente della commissione Difesa Sergio De Gregorio. Da quando ha lasciato l'Italia dei Valori per dar vita al movimento Italiani nel mondo il senatore siede stabilmente tra i banchi dell'opposizione. Ed è da lì che prende la parola, solitario, per annunciare il suo voto contrario alla Manovra. Poi tocca a Franco Turigliatto. Anche lui un ex (è stato eletto in Rifondazione Comunista) oggi rappresenta la Sinistra critica che, tra l'altro, può contare anche sul deputato Salvatore Cannavò. Lui non ha abbandonato il suo vecchio posto nell'estremità sinistra dell'emiciclo, ma le sue scelte contrarie al governo lo hanno ormai isolato. Così come è ormai isolato l'ex Pdci Fernando Rossi. Anche lui gruppo Misto. Anche lui uomo solo al comando del Partito dei consumatori uniti. Prende la parola per terzo, ma l'Aula è sempre desolantemente vuota. Un solo gruppetto, compatto, si distingue in basso, vicino all'ingresso dell'Aula. Sono i tre senatori diniani affiancati dell'Unione democratica di Willer Bordon e Roberto Manzione. Tutti iscritti al gruppo misto, ma guai ad accomunarli. Tanto che sia il liberaldemocratico Natale D'Amico che Manzione prendono la parola in Aula. Poi tocca all'Udeur con Tommaso Barbato e all'Italia dei Valori con Fabio Giambrone. E siamo a sette interventi diversi, tutti per il gruppo Misto. Finita? Neanche per sogno. Trafelato, ecco arrivare il socialista Roberto Barbieri. Anche il suo micro-gruppo può contare su tre senatori (oltre a lui ci sono Gavino Angius e Accursio Montalbano), ma i compagni di viaggio non si presentano in Aula e Barbieri viene lasciato solo a difendere le ragioni del Partito Socialista. A dimostrazione che il Misto è una perfetta «accozzaglia» bipartisan ecco intervenire, in quota La Destra, Stefano Morselli. Pure lui abbandonato dai suoi colleghi di partito Francesco Storace e Stefano Lo Surdo. Chiude la carrellata Domenico Fisichella. L'ex An ed ex Margherita non ha seguito la strada che porta al Partito Democratico e oggi, solitario, siede nel gruppo Misto che, con lui, ha toccato quota 31. Se fossero tutti dello stesso schieramento, sarebbe la quarta forza del Senato. E si vede. Nic. Imb.

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