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Fabio Perugia [email protected] Fini per un giorno ...

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No, per la prima volta apre il dialogo ai dissidenti, quelli degli Stati islamici antidemocratici che danno voce solo all'area integralista della propria nazione. Un po' come fa da tempo George W. Bush, che ultimamente ha chiesto più volte la liberazione di alcuni dissidenti di Bielorussia, Birmania, Cuba e Vietnam, e da sempre si confronta con loro. Così Fini decide di sedersi al tavolo del «Fighting for Democracy in the islamic world», nel secondo giorno di lavori, in veste di presidente della sua Fondazione Farefuturo. Secondo An nell'islam c'è la possibilità di esportare la democrazia, e per farlo c'è bisogno di contrastare il fondamentalismo, come aveva detto anche Adolfo Urso, aiutando chi lotta per democrazia. E allora l'ex vicepremier si rivolge alla platea dei dissidenti venuti da ogni angolo del mondo islamico. Cerca un dialogo, stringe rapporti e nei suoi passaggi fondamentali del suo discorso chiama in causa l'Europa, che oggi ha bisogno di ritrovare la sua centralità, «ha bisogno di ritrovare il ruolo di leadership, senza essere più subordinata agli Usa. Non lasciamo solo agli americani questa responsabilità», dice. Il leader di An chiede all'Ue di non «abdicare al suo ruolo nei rapporti con l'islam. Insiema a Washington bisogna dar corso a una politica che ponga al centro il rispetto della dignità umana, perché la democrazia da esportare non riguarda solamente lo svolgimento di libere elezioni, ma comporta la promozione del primo principio della democrazia liberale, il rispetto della persona». E se in mattinata Bernard Lewis spiega che i Paesi islamici hanno ereditato il fondamentalismo dall'Europa, agli oppositori dei regimi totalitari Fini dice anche che bisogna ricostruire l'appeal dell'Ue se si vogliono risolvere i problemi. Problemi che non sono solo del mondo islamico. Ed è chiaro che per trovare soluzioni internazionali, si può partire anche dal sostegno a chi ogni giorno lotta contro i totalitarismi. Alla tavola rotonda di ieri, organizzata dalla giornalista Fiamma Nierestein, anche Forza Italia risponde all'appello, a questo nuovo modo di fare politica internazionale. Il vicecoordinatore azzurro Fabrizio Cicchitto, parlando a proposito del dissenso nei Paesi arabi fondamentalisti, dichiara «la posizione dell'interventismo democratico, la cui contrapposizione al pacifismo neutralista e opportunista ha uno spessore storico». Cicchitto ricorda come negli Anni Trenta e Quaranta, se avessere prevalso Chamberlain e daladier e non Churchill, il mondo sarebbe stato dominato dal nazifascismo e dal comunismo staniliano. Accanto a lui lo ascolta impaziente di parlare Josè Maria Aznar. Ex primo ministro spagnolo, leader del partito popolare, Aznar punta il dito sull'Ue e sulla sua immobilità. «È il momento che l'Unione europea si prenda le proprie responsabilità nei confronti del mondo cha la circonda. Il primo obiettivo di quest'Organo è proprio assumersi responsabilità, e in particolare nei contronti dell'integralismo islamico. Ma il problema è che l'Ue non ha una posizione». L'ex premier spagnolo non usa mezzi termini e non ha paura di dire a voce alta che «siamo sotto la minaccia islamica. Perché non vogliono sottometterci solo a livello religioso, ma vogliono espandersi sul territorio. E si stanno organizzando. Loro puntano a spazzare via la democrazia liberale, proprio come hanno fatto i regimi comunisti e islamici. Diamoci una mossa, dobbiamo definire con chiarezza il nostro nemico - incita Aznar - La prima cosa da fare è appoggiare tutti quei dissidenti che nelle loro nazioni sono perseguitati».

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