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Gianfranco-Pier, asse sempre più forte

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Ormai Fini e Casini si sentono mille volte al giorno e cercano ogni occasione utile per cementare la loro intesa, che un giorno potrebbe magari portarli insieme nel Ppe, svincolando il leader di An dalla dimensione ristretta in cui Berlusconi e i suoi lo inchiodano, non tralasciando occasione per ricordargli di essere stato sdoganato e liberato dal ghetto. Non importa che Silvio Berlusconi dica «La cosa bianca andrà in bianco», nè che Walter Veltroni bacchetti i leader di An ed Udc per i loro «sguaiati riferimenti a leggi truffa, imbrogli, inciuci». Ancora una volta tra i due si registra una importante convergenza, che li porta entrambi a definire inaccettabile la proposta Bianco, pur partendo da visioni opposte in materia di legge elettorale. A sera Gianfranco Fini esplicita un giudizio negativo sulla proposta che porta ad un «bipolarismo annacquato», e torna a puntare sul referendum, anche se questo non significa abbandonare un atteggiamento interlocutorio fino a quando ci sarà spazio per trattare. Al mattino però la Velina rossa, il foglio di Pasquale Laurito vicino a Massimo D'Alema, lasciava intendere che Fini fosse orientato a considerare positivamente la proposta Bianco, di fatto aprendo al sistema tedesco con sfiducia costruttiva. Anche parlando con esponenti di An, oltre a trovare conferma della «archiviazione» del Vassallum, si riportava l'impressione che dalla destra sarebbe venuta un'apertura. E infatti il presidente dei senatori di An Altero Matteoli definiva la bozza Bianco «encomiabile». Intanto, nello studio di Pier Ferdinando Casini, il vicesegretario del Pd Dario Franceschini aveva portato al leader centrista una anticipazione del testo. Dopo uno scambio di cordialità tra i due, un tempo giovani promesse del movimento giovanile Dc, la conversazione si era interrotta bruscamente su quella parte del testo con il doppio sbarramento al 5 e al 7 per cento. «Non abbiamo altro da dirci», così Casini accomiatava Franceschini.

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