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Senato, Berlusconi insiste: "Tranquilli, cadono"

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Sospirail presidente del Circolo e senatore azzurro: «Una speranzella ce l'ho». A che cosa si riferisce? Al fatto che in mattinata un gruppetto di senatori, all'improvviso, è uscito allo scoperto e ha votato un emendamento sulla ricerca scientifica mandando sotto la maggioranza. Ai voti della Cdl si sono sommati anche quelli di Lamberto Dini e del diniano Giuseppe Scalera (non di Natale D'Amico) e di Domenico Fisichella. Di certo nel campo avverso l'hanno letto come un segnale di disponibilità. Un messaggio per pochi intimi. Insomma «non tutto è perso», ragionano dalle parti di Palazzo Grazioli. Come se ci fosse ancora la possibilità, sempre più remota, di un'intesa all'ultimo momento. Un accordo che, assicurano ambienti di Forza Italia, non coinvolgerà big come Lamberto Dini, ma piuttosto «2 o 3 peones». E così, chiuso nella sua dimora romano a via del Plebiscito, Silvio Berlusconi ostenta sicurezza e, parlando al telefono con un senatore azzurro, garantisce: «Tranquillo, domani cade». Insomma il Cavaliere è assolutamente certo dei suoi mezzi tanto che avrebbe già organizzato un piano di comunicazione per il «dopo caduta» in una riunione riservata con il suo portavoce Paolo Bonaiuti e i due che dovranno «coprire» i telegiornali: il vicecoordinatore di Forza Italia Fabrizio Cicchitto e il presidente dei senatori azzurri Renato Schifani. Tre i messaggi da inviare agli italiani: questa maggioranza non può più governare, no a governi di transizione, elezioni subito. Ma l'ostentata sicurezza del Cavaliere lascia perplessi anche gli alleati. È da poco passata l'ora di pranzo e, a Montecitorio, il leader Udc Pier Ferdinando Casini incontra Gianfranco Fini. «Gianfranco - esordisce l'ex presidente della Camera - guarda che questi del centrosinista sono tranquilli». «Pier - lo blocca subito Fini -, stavolta Berlusconi fa sul serio». Lo sanno bene dalle parti dell'Unione dove, nonostante una certa tranquillità di fondo, in molti credono che il Cavaliere sia tutt'altro che sconfitto. Tanto che il Transatlantico di Palazzo Madama sembra un'aula scolastica con i senatori impegnati a fare somme e sottrazioni quasi fossero degli studenti elementari. «Siamo 160» assicura un'ex Ds. «No 161» gli fa eco un senatore del Prc. La battaglia delle cifre è appena cominciata e l'Unione sa già di aver perso l'ex Prc Franco Turigliatto (ha ribadito che voterà no, ma potrebbe uscire dall'Aula). Incerto, invece, l'ex Pdci Fernando Rossi (che voterà sì o uscirà); sicuri Rita Levi Montalcini, Oscar Luigi Scalfaro, Emilio Colombo e Giulio Andreotti. Così, alla fine, gli occhi di tutti sono puntanti sui diniani. Beppe Scalera attraversa il Transatlantico di corsa per rientare in Aula e aggirare le domande dei giornalisti, intercettato ridacchia e risponde: «Ma come si fa a votare no a questa Finanziaria? Qualunque cosa chiediamo ce la danno. Al punto che non sappiamo più che cosa chiedere. Certo, non abbiamo ancora deciso come votare. Vedremo più tardi, magari stanotte». Che stiano aspettando un segnale da Palazzo Grazioli?

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