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Parole al vento

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Mimetto nei loro panni convinto che qualcuno ne abbia le scatole piene anche delle mie parole e dei miei scritti sull'argomento. Condivido. Non ne posso più neanch'io, di questo me stesso mediatico. Perché il frutto di tutto questo dire e scrivere è soltanto un'immensa frustrazione, il contrario di ciò che dovrebbero offrirti un mestiere bellissimo e uno sport appassionante. Ho difeso strenuamente per decenni il diritto di questo mondo ad avere una sua esistenza non soggetta ai divieti istituzionali, al demagogico "fermate il calcio, voglio scendere". Soprattutto mi sono sempre battuto perché la pagina sportiva avesse una sua dignitosa natura giocosa, lieve, o enfatica, destinata al racconto di eventi e imprese degli atleti. E basta. Mi ferì, la notte di Juventus-Liverpool all'Heysel, vedere accanto a me Gianni Brera con le lacrime agli occhi. Diceva «Sono qui per raccontare una partita, non una tragedia», lui che ancora ci rapiva cantando vittoriosi e sconfitti con identico sentimento. Mi offende, oggi, il risultato, l'inutilità di tante campagne pacificatrici, di tanti appelli alla ragione perché lo sport tornasse ad essere un'isola se non felice almeno separata dal resto del mondo contaminato da violenze d'ogni genere. Dico "lo sport" e sbaglio: la corporazione del pallone, che oggi in buona parte si ribella all'idea di dover rinunciare alle trasferte anche minime, dovrebbe chiedersi perché basket, volley, rugby, pallamano, continuino ad avere uno svolgimento in gran parte sereno. Ci si dovrebbe chiedere perché le tragedie del calcio cominciano dai campi dei dilettanti per salire via via verso i vertici in un crescendo impressionante. Contaminato dal denaro e dalla politica, il gioco del pallone è diventato spettacolo televisivo. E sia. Non è una resa, ma una scelta ormai irrinunciabile. E se si vogliono pareri pesanti e significativi al proposito, non ci si interroghi all'interno della corporazione: si chieda cosa ne pensano i famigliari di tanti ragazzi morti per una partita. Le lacrime per Gabriele devono poter servire a cambiare questo mondo, non ad arricchire l'archivio del nostro egoistico scontento.

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