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dall'inviato MONTECATINI C'ha messo ...

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Il capogruppo della Lega del Senato ha approfittato della convention dei Circoli per lasciarsi andare. E avverte: «Dal '98 ad oggi a via Arenula c'è stato un comunista come Diliberto, Fassino che è uno della sinistra riformatrice, io, Castelli, che sono un leghista e Mastella, un vecchio marpione democristiano. Insomma, quattro ministri così diversi tra loro, ma tutti con una cosa in comune: il fatto di essere stati rinviati a giudizio per abuso d'ufficio». Sorride amaro l'ex Guardasigilli. E riprende: «Ho contato fino al sessantesimo rinvio a giudizio, poi dal sessantunesimo ho perso il conto. Posso però dirvi che per 58 volte sono stato assolto». Spiega la fatica immane di provare a cambiare. Ricorda anzitutto di essere finito per caso al dicastero della Giustizia: «Ci doveva andare un altro, ma il Quirinale non volle e allora hanno messo me che sono ingegnere». Poi rivela: «Mi arrivò una lettera dal presidente della Repubblica che chiedeva: come mai si sono spesi 1500 miliardi di lire per fare l'informatizzazione della Giustizia e gli effetti non si vedono? Allora ho cominciato a indagare e ho scoperto che alla guida del Dipartimento per l'informatizzazione c'era un magistrato. Ora, con tutto il rispetto, forse era meglio metterci in quel posto un esperto di informatica. E così ho fatto. Sapete cosa è successo? La Corte dei conti, quindi altri magistrati, mi hanno bocciato quella nomina». Castelli torna con la mente alla nascita del governo Berlusconi: «Ci eravamo dati uno slogan: ogni ministro doveva diventare imprenditore del suo ministero. Ebbene, quello della Giustizia ha 100mila dipendenti e 60 ospiti, ovvero i detenuti. Ha un bilancio di sette miliardi l'anno. È una bella impresa. Ma basta mettere le mani all'innovazione che subito le forze interne si mettono di traverso». L'invito dunque è a guardare avanti, al futuro governo del centrodestra affinché, se ci sarà, sia in grado di andare oltre, di spingere di più sulla modernizzazione. La Lega ci sta. F. d. O.

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