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Antonio Martino: "Manca l'interlocutore. Più facile andare al voto"

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AntonioMartino, predecessore di Arturo Parisi al dicastero di via XX settembre, non si fa troppe illusioni. Lui, liberale doc, tra i fondatori di Forza Italia, avverte: «Sia chiaro, anche nella scorsa legislatura si sono avuti tagli alla Difesa. Ma eravamo comunque in una fase di ristrettezza economica. Oggi no». Oggi no? «Decisamente no. Guardi che per la prima volta la spesa pubblica ha superato il 50% del pil. Significa che stanno spendendo. E aggiungo anche spandendo. Sperperando le risorse pubbliche in cose futili». Ma secondo lei che cosa voleva dire il presidente della Repubblica comn quel «prepariamoci a fronteggiare ognuna delle nuove possibili emergenze»? «Non sono un dietrologo, immagino volesse far notare che oggi il rischio è globale, la risposta non può che essere globale. Dunque, un grande Paese se è tale non può far finta di nulla davanti ai grandi problemi del mondo». Proprio per questo è possibile che la politica si trovi coesa davanti ai grandi problemi? «Conosco Napolitano, e capisco bene che insista perché ci sia unità sui temi fondamentali. Il problema non è nostro». Come non è vostro? «Le spiego. Come si fa a dialogare con una maggioranza che anzitutto non è unita. Ha almeno quattro o cinque posizioni diverse. Alcune delle quali sono esplicitamente contro qualunque forma di dialogo con l'opposizione. E poi c'è un ostacolo non di poco conto». Quale, onorevole? «Il governo. Ormai il suo unico obiettivo è sopravvivere. E per farlo dilapida tutto, a cominciare dal "tesoretto" che altro non è se non l'eredità ricevuta dall'esecutivo precedente e dalla sua riforma fiscale. Quello che è accaduto sulla sicurezza è emblematico». In che senso, scusi? «Un governo che ha come obiettivo quello di decidere, decide. Se invece deve galleggiare non pensa alle necessità degli italiani. Sulla sicurezza hanno ritenuto fosse meglio un disegno di legge perché così tutte le anime della coalizione erano d'accordo. Quando si sono resi conto che l'emergenza era esplosiva hanno varato un decreto urgente». Lei è un romano d'adozione. Sulla sicurezza si è dimostrato che nascondere i problemi invece di risolverli non porta molto lontano. O no? «Un vecchio detto inglese recita pressappoco così: "Le ferrovie arrivano puntuali di domenica e colgono sempre di sorpresa la regina"». In Parlamento da giorni s'aggira il più strenuo difensore del governo, il leader referendario Mario Segni, il quale teme che se cade Prodi la consultazione non si terrà. Lei è anche nel comitato promotore, accadrà così? «Non capisco molto di politica....». Ci è dentro da quando è nato... «Posso dirle questo. Di recente mi ha avvicinato un autorevolissimo esponente di centrosinistra il quale mi ha detto che il referendum non si farà a breve. Con ciò sostenendo due cose: primo che Prodi cade, secondo che si va a votare in primavera, prima dunque che venga indetto il referendum». Chi è questo autorevole esponente della maggioranza? «Non le faccio il nome neanche sotto tortura. Ma ho l'impressione che abbia ragione».

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