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Parte l'assalto al Tg1: "Ammazzate Riotta"

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Alcunecritiche sono condivisibili, e chi fa questo mestiere è consapevole dei limiti che si incontrano in Italia. Della mancanza di meritocrazia che affligge anche il mondo dei media, dell'influenza schiacciante che Dc, Psi e Pci esercitavano prima e i loro epigoni esercitano oggi sull'informazione e soprattutto sulle tv pubbliche. Il male è evidente, profondo, endemico. E va riconosciuto per poter iniziare qualsiasi «cura». Ma quello che accade nel Paese e su internet (che non è la culla della democrazia e della libertà d'espressione ma solo un medium a due vie e con meno filtri di quelli tradizionali) è che l'ingiuria ha preso il posto della critica, la generalizzazione ha sostituito l'analisi caso per caso, il populismo ha oscurato qualsiasi possibilità di ragionare sui fatti. E quindi di cambiarli. Ma perché nel mirino dei frequentatori del blog di Beppe, oltre al nostro quotidiano, è finito il Tg1 e il suo direttore Gianni Riotta? Tutto comincia quando un nostro giovane cronista scopre, dopo una segnalazione, che sul diario online del comico genovese ci sono frasi negazioniste, razziste e inneggianti al «buon zio Adolf». Il 28 settembre il collega racconta sulle colonne del Tempo quello che ha trovato. Non dà la colpa a Grillo, non gli attribuisce la responsabilità di quanto accaduto. La stessa comunità ebraica romana non censura l'omesso controllo ma chiede una presa di posizione pubblica dello showman. Che invece resta in silenzio. Il primo ottobre il Tg1 decide di farci un servizio e manda in onda una doppia, breve intervista al cronista e al direttore del giornale. E il Tg1 e Riotta diventano i bersagli prescelti dai fans di Grillo. «Riotta attento, ancora fischia il vento», scrive uno. «Riotta si comporta da cattivo siciliano, qual è...», osserva un altro. «Riotta, tua madre è m...», posta un terzo ediventemente diplomato a Oxford. Un quarto, infine, spiega che i giornalisti della Rai sono tutti idioti. La cosa va avanti per giorni. I commenti si susseguono ma il tono non cambia. E ieri alla folla dei «postatori» si aggiunge anche una «collega» di Grillo, la comica (o ex? ) Sabina Guzzanti, regista di «Viva Zapatero!» e «Le ragioni dell'aragosta». Intervistata dal «Grillo-staff», la Guzzanti racconta la «polemica con Riotta, nata da una battuta nel mio film in cui facevo dell'ironia sul fatto che, prima di diventare direttore del Tg1, ha scritto sul Corriere una serie di articoli sempre più di destra per dimostrare di essere affidabile e di poter fare il direttore del Tg1». Secondo Sabina, Riotta si sarebbe arrabbiato (stupore che stupisce, visto che difficilmente qualcuno ne sarebbe stato contento) e avrebbe replicato sull'Espresso con «una disquisizione su cosa sia il vero giornalismo». Lei, allora, ha rincarato la dose negli studi di «Annozero»: «Una persona che dirige il Tg1 che vediamo tutte le sere non si può permettere di dare lezioni di giornalismo a nessuno perché quello non è giornalismo - è la liberissima opinione di Sabina - Il Tg1 non è al servizio dei cittadini ma dei politici che hanno scelto lui e i giornalisti che parlano». La Guzzanti, infine, cita il comunicato del sindacato, che difende, com'è ovvio, i redattori: «La Guzzanti sbaglia: in Rai ci sono giornalisti veri - replica Carlo Verna, segretario del'Usigrai - Il comitato di redazione del Tg1 respinge gli insulti rozzi della soubrette ai giornalisti impegnati a informare in modo onesto». Ma che aveva scritto di tanto grave il direttore dell'ammiraglia dell'informazione Rai? Per quanto riguarda l'attrice in questione, si era limitato a ricordare che era stato sfottuto nel film per una notizia su Clinton, che invece era autentica. Per il resto aveva sottolineato come internet, che «auspicavamo fosse il luogo dove settarismo, consumismo e volgarità dei media si distillassero in dibattito franco, è diventato il crocevia del calcio in bocca come dialettica politica». E dopo aver fatto una visita al blog di Grillo è davvero difficile non dargli ragione.

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