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Mussi: «Dopo il congresso ce ne andremo»

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Il ministro dell'Università: «Il Partito democratico è un errore, la fine di una storia»

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Di una storia, la storia di una vita. È quello che Fabio Mussi, leader della Sinistra Ds, si prepara a dare alla Quercia dopo il congresso nazionale di Firenze. Il congresso che, nei piani del segretario Piero Fassino, sancirà l'avvio del processo costituente del Partito Democratico. Quando ciò accadrà, Mussi e i suoi prenderanno un'altra strada, quella che porta alla creazione di «una forza unitaria e di governo, collocata nel Pse, alleata e competitiva con il Partito Democratico», «un movimento politico autonomo». Insomma il ministro dell'Università ufficializza quello che era nell'aria da giorni: la minoranza della Quercia non entrerà nel Partito Democratico («un errore storico»). Lo fa dopo otto ore di confronto con i coordinatori regionali del Correntone e dopo aver rivolto un «estremo appello» a Fassino: fermati. Guai, però, a parlare di «scissione». La scissioni, infatti, si fanno quando un partito è vivo e vegeto. A Firenze, invece, sottolinea Mussi, «si chiude una storia». Parole che confermano quanto dolorosa sia la scelta dell'esponente diessino e della sua componente. Una scelta che arriva dopo 41 anni di militanza. Per questo, a chi glielo chiede, Mussi annuncia che quella di Firenze sarà la «relazione della mia vita» («citerò Lenin», commenta ironico). In ogni caso, anche se la fuoriuscita sembra ormai inevitabile, il ministro spera ancora che il segretario della Quercia possa cambiare idea («esiste sempre la via di Damasco»). Dopotutto, è il suo ragionamento, i congressi di sezione hanno dimostraro che un quarto del partito è «contrario o, comunque, ostile allo scioglimento dei Ds nel Pd». Un dato di cui Fassino dovrà sicuramente tenere conto. Se non lo farà, l'agenda è già fissata. Il 16 aprile Mussi incontrerà tutti i delegati della seconda mozione per decidere tempi e modi del nuovo soggetto. Poi andrà al congresso di Firenze a «dire la sua» («ma non entreremo negli organismi dirigenti») e, appena Margherita e Ds partiranno con la costituente del Pd, si consumerà la separazione con la creazione di gruppi unitari al Senato e alla Camera. Ed è a quel momento che guardano con interesse sia gli esponenti di Rifondazione Comunista, sia i socialisti di Enrico Boselli. Forze con cui Mussi ha le migliori intenzioni di aprire un dialogo costruttivo così come cercherà, in tutti i modi, di non perdere per strada l'area «demoscettica» dei Ds che fa capo a Gavino Angius. Ipotesi che non sembrano preoccupare Fassino. Il quale, anzi, continua dritto per la propria strada. «Venga a fare la minoranza nel Pd come l'ha fatta nei Ds», è l'invito rivolto a Mussi. Parole che difficilmente colmeranno le distanze tra i due. N. I.

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