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di GIANNI DI CAPUA CASINI non molla, Berlusconi prende tempo.

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E questo nonostante il Cavaliere ce la stia mettendo tutta per tenere unita la coalizione. Berlusconi, infatti, continua, almeno ufficialmente, a «riflettere» e assicura che nulla è ancora deciso, ma la tentazione di mandare a casa l'esecutivo cresce ogni ora di più. Anche perché dentro Forza Italia sono in molti a chiedere apertamente al leader di non sostenere il decreto in Aula. Per questo, anche se i consiglieri del Cavaliere assicurano che una decisione definitiva arriverà solo nei prossimi giorni, il leader azzurro sembra ormai persuaso dell'inutilità di «rincorrere» Casini ed è probabile che opti per l'astensione (che a Palazzo Madama equivale ad un «no»). Dopotutto An e la Lega non hanno nessuna intenzione di offrire il proprio sostegno al governo e quindi la Cdl si presenterebbe comunque spaccata all'appuntamento di martedì. Il Cavaliere, però, non vuole lasciare nulla di intentato («i nostri elettori ci vogliono uniti e silenti») anche se i margini di manovra sono sempre più stretti. Se due settimane fa il vertice del Ppe a Meise aveva segnato l'inizio del disgelo tra Casini e Berlusconi, quello di ieri a Berlino ha riportato tutto al punto di partenza. Tanto che chi ha avuto modo di parlare con il Cavaliere lo ha descritto «molto dispiaciuto» per le parole dei centristi. Ad aprire le danze ci ha pensato proprio Casini che, appena arrivato a Berlino, ha ribadito l'intenzione dell'Udc di votare a favore del decreto. Per il leader dei centristi non si tratta solo di senso di responsabilità, di adottare comportamenti che siano comprensbili anche per «il gotha» della politica europea, ma anche di respingere con forza il «disegno» che vede delinearsi in queste ore: fare dell'Udc «il capro espiatorio» cercando di fare passare i centristi come coloro che vogliono creare nuove maggioranze in Parlamento. Una tentazione respinta con decisione da Casini, il quale ha chiarito più volte che non è in discussione la volontà dell'Udc, «di mandare a casa il governo Prodi». «L'Udc - ha spiegato - non darà il colpo mortale all'Italia. Berlusconi e Fini siano responsabili e non perdano tempo in ipotesi assurde, non si può giocare sulle spalle dei soldati e dei moderati italiani. Il nostro ordine del giorno può scardinare questo governo. Se passasse anche con i voti della maggioranza, noi saremmo pronti a chiedere le dimissioni dell'esecutivo». La risposta non si è fatta attendere. E se Berlusconi si è limitato ad un generico «non entro nel merito...» dell'ordine del giorno, Fini è stato durissimo. «I "moderati italiani" - ha attaccato il leader di An - hanno diritto di sapere perché qualcuno sembra non comprendere che per salvaguardare la credibilità internazionale dell'Italia e mantenere gli impegni e tutelare i nostri soldati è indispensabile liberarsi dal governo Prodi». Insomma, nel centrodestra la posizione dell'Udc e di Casini raccoglie sempre meno consensi e la spaccatura, almeno per ora, rischia di essere insanabile. Poco male. Il leader centrista può consolarsi con le parole di sostegno che arrivano dall'Unione e, in particolare, dal vecchio amico Clemente Mastella. Il leader dell'Udeur, presente a Berlino per il vertice del Ppe, ha colto l'occasione per dire la sua: «In politica estera ci dovrebbe essere un'estensione più forte rispetto ai vincoli di maggioranza. Se votano il decreto - ha aggiunto il Guardasigilli riferendosi alla posizione dell'Udc - non sarebbe una forzatura politica votare con loro sull'ordine del giorno». Insomma, a 48 ore dal voto del Senato, la partita è ancora tutta da giocare. [email protected]

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