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RISCHIA di partire in salita il confronto tra Governo e parti sociali su sviluppo, riforma previdenziale, ...

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Il buon andamento dell'economia e la crescita delle entrate fiscali dovrebbero fornire risorse per gli ammortizzatori sociali, la rivalutazione delle pensioni basse e l'ammorbidimento dello scalone ma sulle maggiori entrate (tra 8 e 10 miliardi di euro) sono arrivate già richieste di utilizzo da più parti mentre il ministro dell'Economia punterebbe a usarle a riduzione del debito. Con l'incontro di giovedì riprende quindi la concertazione. Uno dei temi più spinosi del confronto sarà la revisione al ribasso dei coefficienti di trasformazione del montante contributivo, prevista dalla legge Dini a fronte dell'aumento dell'aspettativa di vita. La misura non comporta risparmi a breve ma la rinuncia all'intervento, secondo i calcoli del Nucleo di valutazione della spesa previdenziale potrebbe portare nel 2005 a una spesa per le pensioni superiore di due punti di Pil a quella che si avrebbe con la revisione dei coefficienti. Ieri il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni ha ribadito il «no» del sindacato alla revisione dei coefficienti perchè questo significherebbe, a parità di età di uscita dal lavoro, per i giovani di oggi andare a riposo con assegni più bassi. «Invece di fare rampogne - dice - il Governo dovrebbe rispettare gli impegni presi con le leggi Amato e Dini sulla separazione tra previdenza e assistenza, sulla previdenza integrativa e sul mantenimento del potere d'acquisto delle pensioni. Negli ultimi anni invece gli assegni hanno perso il 30%». I nodi da sciogliere in materia previdenziale tenendo anche conto del fatto che Governo e sindacati hanno firmato a settembre un memorandum sulle pensioni che prevede tra l'altro la «piena applicazione del contributivo» e il «rafforzamento di criteri che legano l'età di pensionamento e all'importo della pensione tenendo conto della dinamica demografica ed economica», sono «scalone», coefficienti e contributivo. La legge Maroni prevede il passaggio nel 2008 da 57 a 60 per gli anni necessari alla pensione di anzianità a fronte di 35 anni di contributi. I sindacati ne chiedono il «superamento» mentre la sinistra dell'Unione vuole eliminarlo mantenendo il limite dei 57 anni anche dopo il 2008. Inoltre, Damiano ha più volte ricordato che la verifica sui coefficienti «fa parte della legge Dini» ma che l'applicazione va negoziata con le parti sociali. Il Nucleo di valutazione, sulla base dell'aumento dell'aspettativa di vita, ha ipotizzato una revisione al ribasso del 6-8% (dovrebbero variare in futuro tra il 4,40% e il 5,60%). Infine, il contributivo pro rata per tutti, ovvero l'eliminazione del limite fissato con la Dini per coloro che avevano più di 18 anni di contributi a fine 1995 (che mantengono il retributivo fino al pensionamento) è una modifica che secondo gli esperti nel lungo periodo produrrebbe risparmi per il sistema oltre a renderlo più equo.

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