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Operazione Achille

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Scatta l'offensiva La guerra è iniziata

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L'operazione «Achille» contro i Taleban, e gli alleati zar della droga, nella provincia di Helmand è iniziata mentre dalla confinante regione di Kandahar un portavoce dei Taleban annunciava a organi di stampa stranieri di avere «catturato» una «spia britannica» che lavora per il quotidiano italiano Repubblica. L'inviato Daniele Mastrogiacomo, che si trovava nella zona da alcuni giorni, non ha più contatti con il suo giornale da domenica. I 4.500 militari britannici, canadesi e olandesi dell'Isaf, la forza internazionale per la tutela della sicurezza comandata dalla Nato e sotto mandato dell'Onu, e i mille soldati dell'esercito afghano sono impegnati nell'offensiva compiuta senza limiti di tempo nella parte settentrionale di Helmand, centro della coltivazione di oppio, di cui l'Afghanistan, con il 92%, è il principale produttore al mondo. L'80% dei contadini di Helmand coltivano il papavero da oppio, spesso sotto la protezione dei Taleban. Nella vasta regione, al confine col Pakistan, sono di stanza oltre 6.000 soldati britannici, uno dei quali è stato ucciso ieri in combattimento, ventunesima vittima britannica dal 2001. Il capoluogo Lashkargah è stato visitato giorni fa dal ministro degli Esteri britannico Margaret Beckett, che ha promesso l'invio di altre 1.400 unità. L'operazione vorrebbe riportare la sicurezza in una zona di fatto controllata dai Taleban - al cui fianco, dice l'Isaf, combattono «centinaia» di militanti provenienti dall'Africa, dal Medio Oriente e dall'Asia centrale - che un mese fa hanno anche conquistato il distretto di Musa Qala. Fra gli obiettivi, afferma una dichiarazione del comando dell'Alleanza, è dare la possibilità di riparare e ampliare la centrale idrolettrica di Kajaki, progetto essenziale in un Paese i cui 30 milioni di abitanti vivono per lo più ancora senza elettricità. Ma i buoni propositi dell'Isaf-Nato, 35.000 militari di 37 Paesi fra cui l'Italia, rischiano di essere vanificati dalle vittime civili provocate dagli americani, da cinque anni impegnati con gli 8.000 uomini della campagna Enduring Freedom nella lotta al terrorismo. La popolazione, disillusa per le promesse mai mantenute dalla comunità internazionale e per le speranze insoddisfatte di una pace vera dopo oltre 25 anni di guerra, identifica nelle truppe straniere in generale il responsabile di morti innocenti. Al grido «fuori gli stranieri» e «morte agli americani», circa duemila persone, in gran parte studenti, hanno inscenato una protesta bloccando la strada che collega Kabul con Jalalabad, dove sabato militari americani hanno ucciso almeno una decina di civili contro i quali hanno aperto il fuoco dopo un fallito attentato suicida. Le fotografie di quelle vittime sono state distrutte dai soldati degli Stati Uniti, ma restano quelle di donne disperate davanti alle macerie di fango e paglia di una casa distrutta domenica da due bombe da 900 chilogrammi l'una in un raid in un villaggio a Nord di Kabul, che ha ucciso cinque donne e tre bambini.

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