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L'ex direttore del servizio Onu per il controllo della droga

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Arlacchi boccia la proposta dell'oppio «terapeutico»

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«La grande partita per l'eliminazione dell'oppio si gioca in Afghanistan: un esempio positivo viene dal Triangolo d'oro del Sud-est asiatico, dove si è passati in pochi anni dai 180mila ettari di coltivazione ai ventimila di oggi», ha detto Pino Arlacchi, già direttore esecutivo dell'ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine, secondo cui, però, «la proposta di acquistare l'oppio per uso legale non è praticabile». Arlacchi ne ha parlato intervenendo ieri a Bari ad un incontro organizzato nell'Università Lum di cui è attualmente responsabile per le relazioni internazionali. «Di questo passo - ha proseguito Arlacchi - Birmania, Laos e Tailandia usciranno dal novero dei Paesi produttori e resterà il problema dell'Afghanistan». «La proposta di acquistare l'oppio per uso legale non è praticabile - ha detto ancora - ma ha il vantaggio di muoversi in un'ottica diversa da quella di distruggere le coltivazioni che viene costantemente perseguita dal governo americano. Si tiene conto cioè dei problemi dei contadini che devono produrre sostanze diverse. La proposta - ha spiegato - non è praticabile perchè la domanda mondiale di oppio legale che serve agli ospedali per terapie antidolore è ampiamente soddisfatta dai Paesi che sono autorizzati: Australia, Francia Turchia e India. Il mercato illecito dell'oppio è da seimila tonnellate, quello lecito da quattrocento tonnellate: è evidente che la saturazione sarebbe immediata e non sapremmo cosa fare di tonnellate di oppio afgano immesse sul mercato. Produrre oppio per il mercato lecito, inoltre - ha concluso Arlacchi proseguito - significa creare un apparato di controllo enorme, tanto varrebbe allora eliminare queste produzioni e sostituirle con colture legali». L'ordine del giorno presentato dai capigruppo dell'Unione a Montecitorio premetteva che la «condizione per la stabilizzazione dell'Afghanistan è il raggiungimento di adeguati livelli di sicurezza per la popolazione attraverso il controllo del territorio e un livello di sufficiente sviluppo economico e di promozione sociale tale da migliorare sensibilmente le condizioni di vita delle popolazione». E per ottenere tali risultati «assume rilevanza la definizione di un'efficace strategia di contrasto e riconversione delle coltivazioni illegali di oppio, aumentate in questo ultimo anno, che alimentano una condizione di ricattabilità dei contadini afgani da parte dei mercanti di droga e dei cosiddetti signori della guerra che utilizzano i rilevanti proventi del traffico illegale per i propri fini». L'odg, quindi, impegnava «il governo a sostenere nelle sedi internazionali competenti ogni iniziativa tesa ad individuare un'efficace strategia di contrasto alla coltivazione e al commercio illegale di oppio, anche attraverso eventuali programmi di riconversione delle colture illecite di oppio in Afghanistan in colture legali, ai fini di una sua utilizzazione per le terapie del dolore». Alla bocciatura dell'esperto reagisce la sinistra radicale. Daniele Farina, del Prc, giudica «strumentali» i giudizi espressi da Pino Arlacchi. Farina, oltre ad esprimere «stupore», confessa di avere «il dubbio che dietro i numeri dati ci sia la volontà di salvaguardare gli interessi delle multinazionali che oggi gestiscono il mercato lecito».

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