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Ds irritati, torna l'incubo del '98

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Sta di fatto che dopo quaranta minuti di colloquio, che Palazzo Chigi ha definito bonariamente «informale», il ministro per i Rapporti col Parlamento è uscito scuro in volto e visibilmente contrariato. La partita sulla riforma elettorale gli è stata sfilata dalle mani. O meglio, Prodi gliel'ha scippata avocando a sè la trattativa. E dire che nello stesso giorno Chiti aveva continuato le consultazioni con l'opposizione e la sua bozza è da giorni sul tavolo del Prof. Non solo: lunedì sera il ministro aveva inviato una lettera ai capigruppo dell'Unione nella quale chiedeva: «se sono maturati nuovi convincimenti sul modello tedesco preso nella sua compiutezza e cioè sbarramento al 5%; liste elettorali per il 50% presentate in collegi uninominali e per il 50% con liste di partito; flessibilità del numero dei parlamentari eletti». Quindi meno di ventiquattr'ore prima del vertice di Palazzo Chigi, Chiti era nel pieno delle trattative. L'iniziativa del premier ha innervosito i Ds e le letture che si fanno della decisione di Prodi sono le più varie: c'è chi dice che il premier in questo modo abbia voluto blindarsi e mettersi al riparo da imboscate di chi approfittando della riforma elettorale punterebbe a farlo saltare. In sostanza Prodi sarebbe in preda alla sindrome del '98, all'incubo della Bicamerale che portò alla prima defenestrazione di Prodi. Altra versione è che Prodi vuole tagliare fuori i Ds da eventuali giochi di sponda con l'opposizione, assommando a se qualsiasi iniziativa. Le indiscrezioni di questi giorni su eventuali bicamerali, su telefonate incrociate tra esponenti della maggioranza e dell'opposizione e su manovre dei centristi, devono aver messo in allarme Prodi. Non si spiega altrimenti la fretta con cui la riforma elettorale da percorso collaterale sia diventata la priorità di Prodi. E non si spiega altrimenti che Chiti sia stato tagliato fuori facendo sorgere il sospetto che ci sia l'intenzione, come ha ventilato sibillino Ignazio La Russa, di tranquillizzare quanti non voglio una riforma elettorale. Tramonta infatti l'ipotesi di un comitato in cui inserire un leader dell'opposizione, da affiancare alle commissioni parlamentari. Ai Ds la decisione di Prodi non è andata giù. Chiti ha preferito la linea del silenzio ma da via Nazionale sono trapelati malumori. Marco Filippeschi, responsabile Istituzioni dei Ds, afferma in modo diplomatico ma chiaro: «Che la discussione sulla riforma elettorale e sulle riforme costituzionali ad essa connesse debba approdare quanto prima in Parlamento è naturale e previsto, ma il lavoro di Chiti resta essenziale». Filippeschi sostiene che «Chiti ha fatto un lavoro molto utile su entrambi i versanti che rispecchia le posizioni in campo, dalle quali non si può prescindere. Le votazioni al Senato e la crisi politica che ne è seguita hanno posto a tutti i partiti l'obbligo di fare scelte forti e lineari, di metodo e sul merito delle riforme. Il lavoro di Chiti resta dunque fondamentale perché il governo concorra ad una sintesi alta». L.D.P.

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