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LA CORTE costituzionale ha bocciato la legge «Pecorella» sull'inappellabilità delle sentenze di proscioglimento.

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Illegittimo anche l'articolo 10 della legge nella parte in cui prevede che sia dichiarato inammissibile l'appello proposto dal pm contro una sentenza di proscioglimento prima del 9 marzo 2006, quando è entrata in vigore la legge «Pecorella». La Corte Costituzionale ha invece dichiarato manifestamente inammissibile - e quindi non è entrata nel merito della questione - la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 576 del codice di procedura penale e dell'articolo 10 (commi 2 e 3) della legge «Pecorella», per quanto riguarda l'appello della parte civile contro le sentenze di proscioglimento. La decisione è stata resa nota con un comunicato di Palazzo della Consulta alla conclusione della camera di consiglio dei giudici costituzionali. La sentenza verrà depositata nei prossimi giorni. Giudice relatore delle questioni di legittimità costituzionale sulla «Pecorella» è stato il vicepresidente della Consulta ed ex Guardasigilli (nel primo govenro Prodi) Giovanni Maria Flick, al quale spetterà scrivere la sentenza. Dopo la «ex Cirielli» sulla prescrizione breve, un'altra legge sulla giustizia varata durante il governo Berlusconi è stata «bocciata» dalla Corte Costituzionale. La legge (dal nome del suo proponente, Gaetano Pecorella, parlamentare di Forza Italia e avvocato di Silvio Berlusconi) era stata già rinviata alle Camere dal Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi nel gennaio 2006 perchè «palesemente incostituzionale» in diversi suoi punti. Dopo alcuni ritocchi, fu riapprovata in extremis, a conclusione della scorsa legislatura.

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