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E Romano si «becca» anche le critiche degli alleati

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E dunque fanno meno male. Meno prevedibili e più urticanti sono le bocciature che sul «seminario» di Caserta stanno piovendo da frange riformiste della maggioranza. I commenti più acidi giungono da esponenti della Rosa nel Pugno. La formazione politica che - con la piratesca diretta telefonica di ieri dall'interno del «conclave» offerta da Radio Radicale grazie alla «goliardata» di Marco Pannella - ha sin dal primo giorno provato a sabotare la riuscita mediatica del ritiro campano. Se l'ex segretario dei Radicali Daniele Capezzone trova motivo di soddisfazione nell'ok di Romano Prodi a un più celere varo della proposta di legge sulla sburocratizzazione a favore delle imprese presentata dal deputato della Rnp, Enrico Boselli, segretario dello Sdi, apre un fuoco intensissimo sugli esiti di Caserta, esprimendo tutta la propria «delusione cocente». «Non vorremmo che i riformisti più coerenti, come noi siamo, fossero costretti - minaccia Boselli - a praticare l'ostruzionismo parlamentare per evitare che sia abolito il pur iniquo scalone e ottenere un'equa e graduale razionalizzazione del sistema pensionistico. Oppure organizzare proteste in piazza S.Pietro contro il Vaticano per avere dallo Stato italiano una buona legge sui Pacs». Non è certo un caso che una analoga minaccia di ammutinamento sullo «scalone» - qualora la maggioranza provi ad abrogarlo «tout court» - venga da Lanfranco Turci, ex esponente migliorista del Pci e poi senatore dell'ala liberal del Pds e dei Ds. Turci ritiene che il vertice di Caserta abbia segnato l'ennesima battuta d'arresto dei riformisti. E, in particolare, di quelli che dovrebbero prendere il timone del Partito democratico. Ma che finiscono per accettare i «ricatti» di Rifondazione, Verdi e Pdci. Il j'accuse di Boselli colpisce a 360 gradi: «Il governo non si può far dettare l'agenda sui Pacs dal Papa e dai teodem della Margherita, sulle pensioni dalle retroguardie sindacali e da Rifondazione, sulla Tav dai fondamentalisti ecologici e dai Verdi, perchè con questa tabellina di marcia si va solo incontro ad una clamorosa sconfitta». A Caserta - è la sintesi offerta dal segretario dello Sdi - non c'è stato «un briciolo di coraggio per affrontare quei nodi che è urgente sciogliere. Si è invece imboccata la strada del rinvio che, come si sa, porta solo ad altri rinvii. Dopo il risanamento dei conti pubblici, senza il quale non si va da alcuna parte, e che costituisce un indubbio merito di Prodi e Padoa-Schioppa, non si può sopravvivere bordeggiando tra riformisti ed estrema sinistra». Per Boselli - ma anche per Turci - la colpa principale dello stallo di Caserta è da attribuire ai leader di Ds e Margherita che stanno guidando la marcia verso il Partito democratico: «Se Rutelli e Fassino vogliono davvero le riforme, non facciano proclami ai quattro venti, che lasciano il tempo che trovano, e non recitino due parti in commedia, quella degli intransigenti di fronte all'opinione pubblica e quella degli accomodanti a Caserta». Parole durissime che suscitano la «sorpresa» e lo «sconcerto» di Antonello Soro, coordinatore nazionale della Margherita. Contro i guidatori del convoglio targato Pd punta il dito anche Peppino Caldarola, riformista Ds schierato in vista del congresso della Quercia con la «terza mozione». Caldarola centra la propria attenzione sulla «competition» tra Ds e Margherita in materia di liberalizzazioni, giudicandola non certo «di buon auspicio per i sostenitori del Partito democratico».

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