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«Cambiare il sistema? L'unica soluzione è la Costituente»

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Mario Segni, coordinatore del comitato promotore del referendum sulla legge elettorale, commenta così la proposta avanzata dal ministro dell'interno Giuliano Amato, che chiede una Convenzione per fare la riforma elettorale. Segni, tenace sostenitore dell'importanza delle Istituzioni, vede nella proposta del ministro Amato «di certo non la soluzione definitiva» ma almeno uno strumento per eliminare dal campo «ogni possibile alibi» a non vedere come stanno realmente le cose. Lei quindi è tra coloro che approvano la proposta di Amato? «Sì. È una proposta sensata. È chiaro che non risolve le cose, ma almeno la Convenzione può dimostrare che non c'è più niente da fare di fronte alla situazione attuale del sistema politico italiano. Si sgombrerebbe il terreno da qualsiasi alibi o scusa e si vedrebbe in faccia la realtà, che è quella di un sistema politico non in grado di autoriformarsi. Del resto, e questo deve esser chiaro, qualsiasi riforma che si rispetti passa attraverso la riduzione dei piccoli partiti. Ma in Italia, questo non è accettato, quindi...» Perché secondo lei il ministro Amato ha fatto questa proposta? «Penso che se una persona intelligente come Giuliano Amato fa una proposta come questa vuol dire che è consapevole e si rende conto che, su questo fronte, il Parlamento e le chiacchierate di Vannino Chiti non concludono niente. È il chiaro segnale che oramai i partiti hanno chiare difficoltà a fare qualcosa di buono. Del resto basta soffermarsi sui numeri e il quadro è del tutto evidente. Complessivamente, a comporre la maggioranza, ci sono 12 partiti. Sono tanti, troppi. Sono sicuro che neanche Napoleone sarebbe stato in grado di governare con questi numeri: per ogni decisione da prendere avrebbe comunque dovuto avere 12 approvazioni, 12 consensi, 12 sì. Sarebbe stato impossibile anche per lui». Da qui la convinzione dell'esigenza del referendum sulla legge elettorale? «Esiste un vecchio teorema secondo cui più un sistema politico è vecchio e più ha bisogno di riforme, ma più è in crisi più è incapace di attuare queste riforme. Ecco, il referendum permette di superare questa crisi, dando la parola e la libertà di scegliere direttamente ai cittadini, tagliando la testa alla partitocrazia a cui assistiamo quotidianamente. Noi faremo ai cittadini una chiara proposta, quella cioè di avere due soli grandi partiti, come nella maggior parte degli altri paesi, i moderati e i democratici. Questa è la proposta del futuro, basta con gli incredibili balletti politici a cui assistiamo ogni giorno. Noi vogliamo riunire l'Italia su un programma che è semplice ma efficace, cambiare la legge elettorale per spingere verso l'aggregazione di due grandi partiti, e quindi tagliare la testa al mostro della frammentazione e della lottizzazione, porre le basi insomma di un'Italia più europea e più civile. A questo punto forse varrebbe quanto da lei affermato un po' di tempo fa, e cioè che converrebbe fare una costituente? «Beh, se ci si mette su una strada come quella della Convenzione proposta da Amato, allora sarebbe meglio intraprendere la strada della Costituente. Verrebbe cambiata così una parte della Costituzione, per l'esattezza il titolo II, quello cioè sugli Organi dello Stato». Quale sarebbe il vantaggio? «Quello di adeguare la Costituzione al sistema maggioritario, ormai parte integrante del nostro sistema politico. Il sistema elettorale è stato già cambiato una volta. Ora se passa il referendum verrà ricambiato nuovamente. Ma la Costituzione rimane vecchia. È come se venisse costruito nuovamente un palazzo ma senza cambiare le fondamenta». Quale pensa sarà la reazione dei cittadini al referendum? «In questi mesi ho già avuto qualche riscontro, più positivo di quanto io potessi pensare. Sei mesi fa non avrei mai pensato di mettere mano ad un referendum sulla legge elettorale. Ma più vado avanti e più mi rendo contro che i cittadini sono consapevoli dell'esigenza di cambiare questo sistema perché le cose così n

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