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Critico Silvio Berlusconi Preoccupato Prodi Sgomento di Napolitano

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Destra e sinistra si sono trovate, per una volta, d'accordo nel criticare aspramente la decisione degli iracheni di eseguire la pena capitale nei confronti dell'ex dittatore, che pure si era reso colpevole di numerosi crimini contro l'umanità. «L'impiccaggione di Saddam Hussein, pur decisa da un tribunale legittimo e dunque non espressione di giustizia sommaria, rappresenta un passo indietro nel difficile percorso dell'Iraq verso una democrazia compiuta» e «sono convinto che sia stata un errore politico e storico, che non aiuterà l'Iraq a voltare definitivamente pagina». Lo afferma il presidente di Forza Italia Silvio Berlusconi «La civiltà - aggiunge l'ex premier - in nome della quale il mio governo decise di inviare i soldati italiani in Iraq in missione di pace contempla il superamento della pena di morte, anche nei confronti di un dittatore sanguinario come Saddam». Per Berlusconi, «c'è il rischio concreto che questo atto estremo alimenti un'altra spirale di vendette, di ritorsioni e di sangue tra sciiti e sunniti in un Paese ancora sull'orlo di una tragica guerra civile». L'ex premier, difende quindi la decisione di inviare le truppe italiane in Iraq, sostenendo che «la civiltà» in nome della quale è stato decisa la «missione di pace contempla il superamento della pena di morte». «La sospensione della condanna - osserva - avrebbe inoltre consentito lo svolgimento degli altri processi aperti contro il rais per i suoi efferati crimini contro l'umanità così da fare piena luce su trent'anni di genocidi e di orrori». Per questo il leader di Fi giudica l'esecuzione un «errore politico e storico». «Il mio impegno, e l'impegno di ogni uomo che considera la vita, anche quella di un dittatore sanguinario, come un diritto inviolabile - prosegue Berlusconi - continua ad essere quello di lottare perchè la pena di morte venga definitivamente cancellata dall'orizzonte del terzo Millennio». Giorgio Napolitano si è fatto carico di esprimere lo sgomento e l'orrore con cui l'Italia tutta ha accolto la notizia dell'esecuzione di Saddam Hussein. Lo ha fatto con una nota ufficiale del Quirinale, che esprime la più netta «contrarietà» alla scelta di far pagare sul patibolo le colpe riconosciute dai giudici. «Interpretando i sentimenti profondi del popolo italiano e gli alti valori morali e giuridici della Costituzione, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano conferma - si legge nella breve nota - la contrarietà del nostro Paese ad ogni sentenza di morte ed esecuzione capitale». Una presa di posizione misurata nel tono, ma dura nella sostanza. Non si cita il nome dell'ex dittatore iracheno, nè il soggetto a cui si vuol far sapere che l'Italia la pensa in un altro modo. Non è necessario, servirebbe solo a rendere ancor più aspra la contrapposizione. I capi di Stato devono contemperare il dovere di rappresentanza dei «sentimenti profondi» del proprio popolo, con gli obblighi della diplomazia, che impone forma e senso di opportunità. Contro l'esecuzione si erano mobilitati in tanti. Fra gli altri, l'Unione Europea, con il suo alto rappresentate Solana e il Vaticano. Per l'Italia, il premier Romano Prodi, aveva invocato pietà e saggezza, in nome della volontà di pace, e dopo l'esecuzione ha constatato con amarezza il prevedibile aumento della tensione in un'area già così critica. «Già venerdì - ha precisato il presidente del Consiglio dei ministri - mi sono pronunciato contro la pena di morte. Le prime ore ore vedono conseguenze di tensione e di violenza che erano sostanzialmente attese. Mi auguro che siano le uniche».

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