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«É una coalizione flessibile ma coesa Il centrodestra invece è spaccato in due»

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La Finanziaria getta le premesse di una rinascita. Romano Prodi indica la sua missione, quella dell'esecutivo. Vincola l'Unione al programma di riforme, calma i bollori degli alleati sulle pensioni e assicura: nonostante le difficoltà quotidiane, questa maggioranza non cambia. «Perchè dovrebbe?», sembra dire il premier, che punta piuttosto il dito contro la Casa delle libertà: «Sono spaccati, ci sono due opposizioni». In novanta minuti secchi, tanto è durata la tradizionale conferenza stampa di fine anno, il presidente del Consiglio vuole imprimere una svolta (ma per carità non si parli di «Fase due») dopo le fibrillazioni interne e il calo di consenso per il governo che hanno accompagnato l'ultima parte dell'anno. E allora l'obiettivo numero uno è la crescita economica, tramite la quale, insiste, il Paese potrà uscire dalle secche: «Siamo di fronte a un malessere con radici profonde, eppure avverto con chiarezza segnali confortanti di uscita da un clima di rassegnazione e declino». E se nel '96 l'obiettivo del governo era entrare nell'Euro, la «mission» di oggi è quella di «far uscire l'Italia dalla stagnazione». Le priorità del governo, assicura, sono crescita, equità e giustizia. E l'esecutivo farà centro solo se saprà portare a termine l'ambizioso programma di riforme e liberalizzazioni annunciate, a cominciare dalle professioni, passando per i servizi pubblici locali e la class action, fino al trasporto aereo. Il premier traccia «il disegno di un'Italia più giusta, dinamica e forte, che va però colorato con tre qualità indispensabili: coraggio, coesione e generosità». Insomma, per fare le riforme, i partiti della coalizione devono rinunciare agli egoismi di parte. Il Professore è convinto di aver ben cominciato. Difende, infatti, la Finanziaria che però, avverte, è solo una premessa per realizzare i cambiamenti strutturali necessari. L'esecutivo è pronto a dare «una scossa» al sistema, anche se Prodi non nasconde tutto il suo fastidio per il termine «Fase due»: «È un'espressione che non uso, chiamatela fase "uno bis", oppure "comma due". C'è assoluta continuità tra quello che abbiamo fatto e quello che faremo». Perché, ripete, c'è un programma e quello fa fede. E sarà così, è convinto, anche per la futura legge sulle coppie di fatto, un tema sul quale senza una bussola l'Unione rischia di lacerarsi. Così come potrebbe implodere sulla riforma delle pensioni. Ma anche in questo caso serve mediazione. Intanto, Prodi tranquillizza la sinistra radicale, dicendo «no» ai disincentivi, ma tutti devono rendersi conto che «il sistema va affinato e adattato». E poi rimanda al confronto che si aprirà a gennaio: «Basta con i tormentoni, il problema è definito e abbiamo i mezzi per risolverlo. Decideremo tutti insieme con le parti sociali». Prodi punta a dare l'immagine di un'Unione compatta, in grado di superare gli ostacoli, ma non nasconde le difficoltà di gestire una coalizione rissosa: «Ci sono tensioni quotidiane, è vero, ma abbiamo la flessibilità necessaria per resistere a tutti i possibili terremoti. L'importante è essere compatti al momento delle decisioni, e noi lo siamo stati». Dunque, nessuna necessità di allargare la maggioranza, nonostante al Senato i numeri disegnino una situazione critica, quasi drammatica: questa maggioranza ha vinto e non cambia. Prodi invita piuttosto a guardare al centrodestra: «Hanno problemi grandissimi. Sono arrivati fino al punto di spaccarsi e sono nate due opposizioni». Opposizioni con le quali, però, bisogna trovare un accordo sulle grandi riforme delle istituzioni e dello Stato, a partire dalla legge elettorale, perchè su questi temi «la convergenza è obbligatoria». L'ultima domanda, siamo allo scadere del «novantesimo», lo coglie quasi di sorpresa, lo si capisce da come guarda il cronista che gli chiede se è possibile una nuova candidatura a Palazzo Chigi per il 2011. Allarga le braccia, come a dire «lei sta scherzando», e poi chiude: «Credo proprio che cinque a

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