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Prove di dialogo a Palazzo Madama La Cdl: «Merito della manifestazione»

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Si vedrà se le revisioni deliberate dalla Giunta produrranno risultati significativi e condivisi. Ciò che è chiaro sin d'ora è che la decisione — come ha fatto notare Anna Finocchiaro, capogruppo dei senatori dell'Ulivo — costituisce «un importante elemento di pacificazione del quadro politico, che svelenisce il clima». Fino a oggi, solo singoli esponenti della maggioranza — in particolare il leader dell'Italia dei valori, Antonio Di Pietro — avevano espresso la disponibilità a sostenere in ogni circostanza utile la richiesta di ricontrollo avanzata dell'opposizione. Un primo accenno di pacificazione tra i Poli si era registrato a Palazzo Madama nella discussione sul decreto fiscale collegato alla Finanziaria: la Finocchiaro e gli altri capigruppo della maggioranza avevano concordato con l'opposizione un percorso grazie al quale — senza per questo cancellare la forte differenziazione tra le prospettive dei due schieramenti — fosse possibile evitare il voto di fiducia. E il testo era infine passato senza prove di forza. Non è dunque un caso che la scelta bipartisan di ieri abbia avuto come cornice proprio il ramo del Parlamento che dalle elezioni di aprile è uscito con un assetto a dir poco traballante. Proprio la precarietà dei numeri a Palazzo Madama potrebbe aver favorito la presa d'atto di una situazione che non può essere gestita all'insegna di un continuo braccio di ferro. E in questi mesi il presidente del Senato, Franco Marini, non ha perso occasione per ricordarlo. Non deve dunque sorprendere più di tanto che — dopo le infinite polemiche sul riconteggio delle schede, partite quando i seggi elettorali erano appena stati chiusi — i Poli raggiungano un'intesa iniziale sulle verifiche proprio in quel ramo del Parlamento che le contingenze politiche hanno contribuito a trasformare in laboratorio dove saggiare strategie e tendenze. Il centrodestra prende atto con soddisfazione di una decisione che accoglie come il coronamento di una battaglia durata mesi. Per l'opposizione è fondamentale che, sull'abbrivio del passo compiuto dal Senato, la Giunta delle elezioni di Montecitorio — dove anche ieri è andato in scena il copione del muro contro muro — assuma una linea analoga. La posta in palio a Montecitorio è più alta, visto che uno scarto di neanche 25mila voti ha consentito all'Unione di intascare il premio di maggioranza che le consente di governare la Camera. Si potrebbe inoltre notare che a Montecitorio il centrosinistra da un riconteggio delle schede ha tutto da perdere (col minimo vantaggio ha già incassato il massimo risultato possibile), mentre a Palazzo Madama — e l'opposizione l'aveva ricordato agli avversari — il ristretto margine a favore della maggioranza (praticamente annullatosi - se si eccettuano i senatori a vita - con lo smarcamento di Sergio De Gregorio) potrebbe sia sparire, nel caso in cui le verifiche in Campania assegnassero la vittoria al centrodestra, sia aumentare, qualora fossero il Lazio o la Puglia a cambiare segno (con conseguente spostamento del premio di maggioranza regionale). Quanto al modo in cui la prova di piazza offerta sabato scorso dall'opposizione può avere inciso sulla delibera della Giunta di Palazzo Madama, la riflessione nel centrodestra è aperta: insieme al Cavaliere, Enzo Fragalà (An), Giorgio Stracquadanio e Lucio Malan (Forza Italia) sottolineano l'importanza della spinta di piazza San Giovanni, mentre per il vicecoordinatore azzurro Fabrizio Cicchitto non sembra esserci un collegamento tra i due eventi. Di certo ha giocato a favore del centrodestra l'effetto boomerang delle denunce di Enrico Deaglio su improbabili brogli informatici a vantaggio di Forza Italia favoriti dal Viminale — un teorema inizialmente apprezzato e poi sconfessato da molti esponenti del centrosinistra, anche se qualcuno di loro (il vicepremier Mas

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