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Lista di Centro? Clemente ci ripensa dopo che gli è stato chiesto di non votare la Finanziaria

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L'ex presidente della Camera non mette in discussione la leadership del Cavaliere nè tanto meno la fedeltà al centrodestra, ma ribadisce l'esistenza di «due opposizioni» e che i centristi, per nulla pentiti di non essere scesi in piazza, giocheranno la propria partita. Parole pesanti che cadono nel silenzio pressochè assoluto degli alleati. Quasi nessuno in Forza Italia e Alleanza Nazionale replica alle bordate dell'ex presidente della Camera. Una strategia voluta e imposta direttamente da Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini. Solo la Lega non risparmia critiche al vetriolo ai centristi. Casini sceglie le telecamere di «Otto e mezzo» per rispondere al monito dell'ex premier che l'altro ieri gli aveva chiesto di rientrare rapidamente nei ranghi della coalizione. «Farò una dichiarazione d'amore: anche quando Berlusconi usa toni padronali e mi dà del vitello grasso parlando di ultimatum mi è simpatico», glissa inizialmente il leader centrista. Il problema, scandisce il centrista cercando di sgombrare il campo da interessi personali «non è la leadership di Berlusconi, che è stato consacrato dal popolo con buona pace di tutti, ma quello di convincere l'elettorato moderato che c'è un'alternativa a questo governo». Il leader dell'Udc smentisce anche di volere passare nel centrosinistra: «Sono 15 anni che sento dire questa cosa, la dice anche Bossi che è quello che ha fatto il ribaltone». E mette in guardia chi si illude di poter fare a meno dei centristi visto che senza l'Udc «il centrodestra resterebbe all'opposizione per i prossimi venti anni». E per essere ancora più chiaro sulla sua fedeltà, definisce Clemente Mastella un «furbacchione» e scherza sulla proposta di una alleanza in vista delle europee: «La lista di centro è benvenuta, ma è chiaro che prima Mastella dovrà dimettersi da ministro» e «non votare la finanziaria». Ma il leader del Campanile rimanda al mittente la provocazione e s'impegna ad assicurare fedeltà al governo e a Prodi: «Se pensano che mi dimetta dal governo, vuol dire che non hanno capito l'idea politica». «La Cdl - sentenzia Casini - non ha più senso: i vertici se li facciano Berlusconi, Fini e Bossi». Certo, precisa subito, «se il Cavaliere mi invita, vado a parlarci come ho sempre fatto» e lo stesso vale per Fini e Bossi. Ma nulla di più, visto che «il ritualismo della coalizione fa parte del passato e certamente non del futuro». Infine, nessun pentimento per non aver partecipato alla manifestazione di sabato scorso. Prima spiega di non essere salito sul palco perchè non è un «guastafeste», nè un «pavido», e se gli elettori dell'Udc non dovessero condividere immediatamente questa scelta «un giorno comprenderanno che la nostra decisione è coerente». Poi, sottolinea che dopo la manifestazione «Prodi è più forte grazie all'antiberlusconismo». Per i deputati e i senatori azzurri più vicini all'ex premier, la risposta migliore alle parole di Casini è arrivata sabato dalla piazza. Inutile quindi polemizzare. Anzi, Sandro Bondi (Fi) cerca di ricucire ricordando che nessuno vuole «fare a meno dell'Udc» e che al contrario i centristi devono partecipare al «partito delle libertà». Solo la Lega risponde aggressiva all'ex presidente della Camera: «Gli elettori dell'Udc manderanno a quel paese Casini» taglia corto Roberto Calderoli.

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