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di LUIGI FRASCA CHE si tratti dell'ennesima «picconata»? Dopo una settimana di polemiche, attacchi, ...

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Lo fa attraverso una lettera inviata al presidente di Palazzo Madama Franco Marini e, in copia, a tutti i senatori. Una decisione che, spiega, lo lascia assolutamente «tranquillo». «Estraneo come sono da politico della prima Repubblica all'atmosfera della "transizione infinita" - dice all'Ansa -, la mia scomparsa dal Senato non ha alcuna rilevanza». «D'altronde - aggiunge - anche un amico come Giuliano Amato mi ha trattato recentemente a pesci in faccia facendo rispondere ad una mia delicata interpellanza dal noto ex sindacalista Roberto Sgalla, manutengolo del capo della Polizia. Non credete che per tornarmene a casa ce ne sia abbastanza?» Eccola qua la goccia che ha fatto traboccare il vaso. In fondo era da giorni che l'ex Presidente della Repubblica polemizzava con il ministro dell'Interno e con Gianni De Gennaro. Così, alla fine, ha deciso di compiere il «gran rifiuto». Una decisione legata, secondo Cossiga, anche ad altri motivi. «Innanzitutto - spiega - l'età e la salute, che per gli evidenti ostacoli che mi creano alla mobilità fisica». «Mi hanno illuminato - aggiunge - le prese per i fondelli nei miei confronti da parte di Giulio Andreotti. Così come mi ha illuminato la qualifica di ladro datami con bonomia dal vicepresidente del Senato Roberto Calderoli perché percepisco, cosa che non sapevo e che è un bene sia tolta anche agli altri senatori a vita, l'indennità di presenza anche pur non partecipando alle sedute dell'Assemblea e delle commissioni». Nella lettera inviata a Marini («avrei voluto consegnargliela personalmente, ma lui ha trovato difficoltà a fissarmi un'udienza in tempi brevi»), Cossiga precisa che non lascerà l'impegno politico e ricorda che «d'altronde il fatto che io giudichi l'istituto del senatore a vita del tutto anacronistico fanno di queste mie divisioni un atto di coerenza politica istituzionale e morale». In attesa di sapere se l'Aula accetterà le sue dimissioni (dovrebbero essere discusse non prima del 12 dicembre), la scelta di Cossiga agita il mondo politico e, in particolare, l'Unione che, ad oggi, ha spesso fatto affidamento sul voto dei senatori a vita. Ma, al di là degli interessi di parte, entrambi i Poli invitano l'ex Capo dello Stato a ripensarci. E se il Presidente del Senato Franco Marini assicura che Amato risponderà in Aula all'interpellanza di Cossiga, Fausto Bertinotti spera «che possiamo considerare tutto questo come una provocazione nel senso di indicare un problema». Certo c'è anche chi, come il ministro Chiti, coglie l'occasione per una piccola polemica («queste dimissioni sono anche il frutto di una campagna indegna di certi settori della destra contro i senatori a vita»), ma l'appello a ripensarci è unanime. Così, mentre il premier Romano Prodi assicura che lo chiamerà «per capire», l'unica voce leggeremente polemica è quella del leghista Calderoli che, pur dichiarando la propria «stima e simpatia» per Cossiga, non rinuncia ad attaccare: «Questa mossa dell'abilissimo Cossiga metterà una pietra tombale sui progetti di legge per la soppressione dei senatori a vita».

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