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Rapporto sull'economia

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Lo farà presentando il rapporto sull'economia europea. Un rapporto che, in sostanza, ribadirà quanto Almunia va dicendo da tempo: il risanamento dei conti pubblici in Italia deve essere accompagnato da riforme strutturali che migliorino la qualità della spesa pubblica e assicurino una maggiore concorrenza. Ma il ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa, presente alla cena, dovrà preoccuparsi di ben altro. Il Commissario, infatti, oltre a spronare l'Italia a completare le necessarie riforme strutturali, ribadirà due concetti: la riforma delle pensioni adottata nel 2004 ha ulteriormente migliorato la sostenibilità finanziaria del Paese che, però, deve fare qualcosa di più sul fronte del mercato del lavoro. In particolare, spiegherà Almunia, l'Italia dovrà essere in grado di coniugare «la necessità di una maggiore flessibilità con quella di una migliore ed efficace copertura del sistema di protezione sociale». E, come se non bastasse, il commissario loderà anche le riforme del lavoro già fatte che «hanno eliminato molte delle rigidità precedenti». Insomma, dalla Ue arriverà una sostanziale promozione delle due riforme più discusse del governo Berlusconi: quella della previdenza e la legge Biagi. Le stesse cioè che l'Unione, in particolare la sua ala radicale, vorrebbe cancellare. Facile quindi prevedere che le parole del Commissario aggiungeranno altra carne al fuoco nel dibattito, tutto interno alla maggioranza, su quella che è ormai chiamata da tutti la «Fase due» del governo. Per il resto Almunia ribadirà ai ministri di Eurolandia che per Bruxelles, ora più che mai, in l'imperativo è uno solo: approfittare della ripresa economica in atto non solo per consolidare le finanze pubbliche, ma per completare le necessarie riforme strutturali. Questo vale per tutti i Paesi, ma soprattutto per quelli come l'Italia che, seppur in fase di recupero, sono ancora indietro. L'analisi della situazione del nostro Paese nell'ultimo decennio è dettagliata: ciò che ha realmente frenato lo sviluppo potenziale dell'Italia - si legge nel rapporto - è stato soprattutto «un drammatico crollo della crescita della produttività, che ha vanificato molti dei benefici e degli effetti positivi dovuti all'ingresso nell'euro e alla politica di moderazione salariale». Di qui l'altrettanto drammatico e deciso «deteriormento» della capacità competitiva del Paese, frustrato dai soliti mali: «insufficiente concorrenza, specialmente nel settore dei servizi, bassi investimenti nel capitale umano, debole innovazione e spesa per la ricerca insufficiente». La ricetta di Bruxelles è presto fatta: «Solo se il risanamento sarà affiancato da misure di liberalizzazione efficaci e da una migliore qualità della spesa l'Italia potrà tornare a crescere ai livelli degli anni '90». Dunque, bene «le misure prese dal governo italiano alla fine del giugno 2006 (il decreto Bersani ndr) con l'adozione di alcune misure che rappresentano un primo passo verso la liberalizzazione dei servizi in alcuni settori». E Bruxelles plaude anche alle «altre iniziative in corso, specialmente sul fronte dell'energia e su quello dei servizi locali». Ma questo non basta, e resta molto da fare. In particolare, secondo la Ue, «lo sviluppo del settore finanziario va più a rilento rispetto ad altri Paesi, con i mercati che sono ancora relativamente piccoli. E il credito al settore privato è ancora quasi esclusivamente garantito dalle banche».

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