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Il direttore del Tg1 confessa: «Mi ispiro ai giornali di parte»

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E dire che le premesse per una seduta infuocata c'erano tutte. Qualcuno azzardava che Riotta potesse prendersi la scena rispondendo al fuoco di fila di questi giorni. Di rimbeccare alle bordate lanciategli la scorsa settimana da tutta Forza Italia. E replicare alle accuse di essere un tg «in cui l'opposizione è scomparsa» o «dove la democrazia è venuta meno». Ed invece nulla di fatto. Riotta ha evitato, per ora, il confronto. Complice anche la legge Finanziaria in discussione alla Camera e le votazioni sul decreto fiscale al Senato. Tutto si è ridotto a 30 minuti di monologo «riottiano» con l'impegno, forse la prossima settimana, di dare spazio al dibattito. Lì forse il clima si surriscalderà e probabilmente potranno essere tratti maggiori spunti. Per ora poco o nulla. Riotta, completo scuro, non affronta i temi più scottanti ed abilmente evita polemiche. Solo nella parte conclusiva del suo intervento si concede ai temi del pluralismo di contenuti e dell'equanimità nel mondo dell'informazione, per lui «pietre angolari e non camicia di forza». Va avanti il direttore targato corsera e richiama le parole dell'ex presidente della Repubblica Ciampi e di quello attuale Napolitano: «Alla base del servizio pubblico c'è il pluralismo e l'equanimità», confermando l'impegno per un tg che «apra il pubblico alle idee e non tenti di convincerlo». Intanto però getta uno sguardo alla stampa faziosa, che ritiene «ricca» ed ampiamente diffusa tra «sinistra, centro e destra», e confida in Dio per «proteggerla». Protezione necessaria perché grazie alla stampa schierata «si sente vivo ed entità sociale attiva». E qui c'è anche l'outing: «Ogni mattina leggo tutti i giornali di parte per consentire di sottoporre ai telespettatori una più ampia offerta di idee». Fin qui il Riotta direttore. Per il resto è un discorso che suona più come quello di un professore di College americano, tanto che qualcuno sussurra che «Riotta è troppo intelligente per dirigere un telegiornale». Gianni «l'americano», come già qualcuno nella redazione lo chiama, sale in cattedra e parla di cambiamento dei media e del ruolo del pubblico, «non più passivo ma attivo». Tira in ballo l'amata America dove «You Tube è il simbolo dell'informazione e dell'intrattenimento fai da te» e spiega: «Non operiamo più nei mass media ma nei personal media».

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