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di SALVATORE DAMA MONTECITORIO.

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Nel frattempo, però, tanto per ingannare l'attesa, capita che si attardino in dibattiti surreali. Come quello di ieri mattina, per esempio. Quando i lavori parlamentari si sono avvitati intorno alle attività commerciali della chiesa cattolica, «ingiustamente» esentate dal pagamento dell'Ici. Due ore di chiacchiericcio intorno alla cioccolata dei frati trappisti, alla tisana del convento dei cappuccini, alle erbe medicamentose di San Francesco, alla polvere lassativa dell'abbazia di Vallombrosa. Il tutto innescato da un deputato della Rosa nel Pugno, Maurizio Turco, autore di un emendamento che vuole ripristinare il balzello sulla «piccola e media impresa» di Dio. Turco ha l'appoggio del suo capogruppo Roberto Villetti. Che, pur chiarendo «l'intenzione di non voler offendere il sentimento religioso», considera la proposta del suo uomo sacrosanta perché «ristabilisce una condizione di parità» tra clero e cittadinanza. Villetti, ancora lui. Sono due giorni che procura grane al presidente del Consiglio, Romano Prodi. Prima con la storia dei finanziamenti sulla ricerca scientifica. E poi, di nuovo ieri, con la tassa sull'oratorio. Ci mancava solo questo. Già il Professore si trova a dover fronteggiare l'astio delle categorie e dei lavoratori per una finanziaria che non piace. Guadagnarsi pure il rancore delle parrocchie no, è davvero troppo. Torniamo alla seduta parlamentare di ieri. Sono appena passate le undici del mattino. Turco introduce il tema del suo emendamento. Apriti cielo. D'un tratto, l'Aula dimentica gli altri duecento articoli da votare entro domenica e si perde in un dibattito tra credenti e laici, guelfi e ghibellini, mangiapreti e chierichetti, Peppone e Don Camillo. «Questo è un governo Zapaprodi», urla Riccardo Pedrizzi di An. «Un Governo nel quale i cattolici contano come il due di picche». Proteste dai banchi della Margherita. Luca Volonté, capogruppo dell'Udc, fa due conti: «tassare il santino della basilica di Sant'Antonio non risolverà i problemi di cassa», dice. Intanto arrivano le prime crepe nell'Unione. Dante D'Elpidio (Udeur) mette subito in chiaro come la pensa. Contro la Chiesa? «Giammai». Khaled Fouad Allam, deputato musulmano dell'Unione, stupisce tutti: «voterò contro questo emendamento per la pacifica convivenza tra cattolicesimo e islam». Applauso generale. Gerardo Bianco (Dl) si stropiccia gli occhi: «Presidente, ma stiamo discutendo di Finanziaria o Concordato?». In pochi, per la verità, se la sentono di difendere l'iniziativa laicista del collega radicale. Ci prova Mario Pepe (Forza Italia). Il tono è apocalittico: «ai cattolici dico: non potete salvarvi l'anima con i soldi di tutti i contribuenti!». Partono insulti bipartisan. Altri azzurri, più timorati, preferiscono prendere le distanze. Come «l'ex allievo salesiano« Giovanni Marras e il «cattolico laico» Giuseppe Cossiga. Roberto Salerno (An) sfoglia pagine del libro Cuore: «ricordo il piccolo paese di Carrù, dove l'oratorio vende due caffè e due panini ai ragazzi». Poi si gira verso il collega Turco, gonfia il petto e urla «Vergognaaa!«. Elisabetta Gardini (Fi) è lirica: «altro che tasse, io ringrazio gli uomini e le donne della Chiesa che ogni giorno si sporcano le mani nelle periferie del mondo». Roberto Giachetti (Margherita) s'accalora contro gli ex compagni radicali. E difende la sussidiarietà cattolica, «specie in quei luoghi delle città dove lo Stato non arriva». Poco dopo, in Transatlantico, si sfoga: «è incredibile il casino che hanno montato quelli della Rosa solo per avere un certificato di esistenza in vita». Intanto, contro l'emendamento Turco si forma uno schieramento trasversale. La sinistra radicale ha capito che l'esenzione dall'Ici non avvantaggia solo gli istituti religiosi. Il primo ad aprire gli occhi è Andrea Ricci, Rifondazione comunista: «colleghi, l'emendamento riguarda anche altre categorie laiche di soggetti». Dentro ci sono pure le cooperative sociali. Ora il fronte

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