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Il governo stanzia 177 milioni per la ricerca La senatrice esulta, ma sono fondi già previsti

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Sembrava perché, in realtà, l'«operazione Montalcini» provata ieri dall'esecutivo, si è rivelata un bluff. Nessun fondo aggiuntivo, infatti, ma soldi già presenti in Finanziaria. Anche se il tentativo di «comprare» il voto della senatrice a vita resta. La giornata si era aperta con il ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa che, in una lettera al Corriere della Sera aveva difeso la Manovra dagli attacchi dei ricercatori e dei rettori delle Università invitandoli, ancora una volta, a «fare ordine nella spesa pubblica». A metà pomeriggio le agenzie battono la notizia che tutti aspettavano. Un emendamento presentato dal Governo stanzia, nel triennio 2007-2009, 177,5 milioni di euro per le assunzione nelle università (140 milioni) e di ricercatori in enti di ricerca. Ma non finisce qui. In un altro emendamento l'esecutivo stanzia 20 milioni di euro nel 2007 e 30 nel 2008 per la «stabilizzazione di ricercatori tecnologici e personale impiegato in attività di ricerca» nonché all'assunzione di coloro che hanno già vinto il concorso. Immediata la reazione del premio Nobel Rita Levi Montalcini. «Molto bene - è il suo commento a caldo -, se è davvero così ritiro la minaccia di non votare la legge Finanziaria». Per l'Unione è una boccata di aria fresca. Dopotutto al Senato la maggioranza non può permettersi di perdere voti, men che meno quello di Rita Levi Montalcini. La senatrice precisa comunque di voler acquisire maggiori informazioni prima di dare un giudizio definitivo. Forse prevede già quello che succederà da lì a poco. Dopo un pomeriggio di silenzio, infatti, il ministro dell'Università Fabio Mussi smentisce la notizia. «Non ci sono soldi aggiuntivi per l'Università e la Ricerca - spiega -, dal momento che la somma di 177 mln di euro era già prevista». Una vera e propria «doccia fredda». Si tratta, continua Mussi, «di una parte importante della Manovra già prevista dal governo» e, tanto perché nessuno pensi che la partita è chiusa, ricorda che resta «aperta la questione del taglio del 20% dei consumi intermedi dell'università e degli enti di ricerca e degli effetti sugli enti di ricerca degli accantonamenti previsti dall'articolo 53, pari a 207 milioni». Insomma il rischio che la Montalcini voti contro la Manovra, a questo punto, non è ancora scongiurato. Ma non c'è dubbio che l'esecutivo correrà presto ai ripari. Dopotutto non è la prima volta che, nella Manovra, trovano spazio emendamenti «ad personam». Soprattutto se, i «dissidenti», siedono nell'emiciclo di Palazzo Madama. Per assicurarsi il voto del senatore argentino Luigi Pallaro, ad esempio, che aveva chiesto 14 milioni di euro per gli italiani all'Estero, il governo non si era fatto pregare. Peccato che, contemporaneamente, aveva decurtato 12 milioni di euro destinati all'attività consolare. Così il povero Pallaro, rimasto con «solo» 2 milioni di euro, era tornato a minacciare il voto contrario. A bocca asciutta, almeno per il momento, è rimasto anche il presidente della commissione Difesa del Senato Sergio De Gregorio che, nonostante abbia annunciato che lui e ad altri senatori voteranno contro la Manovra se non verranno aumentati i fondi alla Forze Armate, non è stato esaudito. C'è poi il caso di Lamberto Dini che, con l'ala moderata dell'Unione, chiede da tempo una politica più riformista. Per lui è arrivato il «contentino» del piano Lanzillotta sulle liberalizzazioni, ma per vederlo in atto, nel frattempo, dovrà votare una Manovra che non lo convince fino in fondo. Certo con il precedente del sindaco di Venezia Massimo Cacciari che, dopo aver protestato, si è visto destinare 80 milioni di euro per la «salvaguardia di Venezia», tutti possono dormire sonni tranquilli. Anche la Montalcini.

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